Tra gole erosive e discariche informali nella megalopoli di Kinshasa, R.D.Congo

[di Francesco Casella] Scarica l’approfondimento completo.

ABSTRACT: Kinshasa, scoperta nel 1881 dall’esploratore inglese H.M. Stanley, e nominata inizialmente Léopoldville in onore del sovrano belga Leopoldo II, confina a nord con il fiume Congo, a sud e a ovest con la provincia del Bas-Congo e a est con la provincia di Bandundu. Questo mostro urbano si estende per più di 60 km sulla riva sinistra del fiume Congo, espandendo le sue bidonville senza limite.
La grave situazione di emergenza ambientale che la capitale congolese si trova oggigiorno ad affrontare, in seguito ad un massiccio fenomeno di sprawl urbano, porta però ad un’importante riflessione che coinvolge differenti problematiche.

Dall’indipendenza del paese nel 1960, la popolazione kinoise è passata da 450 mila abitanti a più di 12 milioni al giorno d’oggi. La mancanza di gestione di tale fenomeno e la fragilità del territorio che ne fa da palinsesto, hanno portato ad alcune importanti conseguenze tra cui l’incapacità di gestione dei rifiuti della città e la nascita di fenomeni erosivi nel cuore del tessuto urbano.

Nella megalopoli di Kinshasa queste problematiche sono fortemente interconnesse, specialmente nei territori collinari che hanno ospitato il fenomeno di crescita incontrollata della città negli ultimi 50 anni. Qui, in seguito ad un selvaggio disboscamento, si sono generate delle vere e proprie ferite nel tessuto urbano: lo sprofondare dei versanti sabbiosi ha infatti causato l’apertura di numerose gole erosive. La mancanza di capacità gestionale dell’amministrazione kinoise, alla ricerca di uno spazio per la crescente pressione nella produzione di rifiuti urbani, ha favorito – ed in alcuni casi incoraggiato – la nascita di diverse discariche informali all’interno di queste erosioni.

Le ripercussioni di questi effetti sull’ecosistema urbano e la proiezione sul lungo periodo di una probabile mancanza di gestione, impongono una riflessione sul futuro di questo paesaggio. Oggi Kinshasa viene infatti chiamata “Kin la poubelle” (Kinshasa la spazzatura, il cestino) dai suoi stessi abitanti.
La valle di Selembao, dove gli stessi enti municipali hanno favorito la nascita di discariche informali a cielo aperto, è uno dei casi esempio più eclatanti: quasi 500 000 abitanti vivono in una vallata dove baracche in lamiera si accalcano tra loro, senza alcun servizio (luce, acqua, strade…) . Vallata tagliata da una trentina di gole erosive, delle quali alcune colme di rifiuti solidi urbani. A causa però della situazione estremamente precaria, la catastrofe ambientale è alle porte: in breve tempo la discarica crollerà sotto il suo stesso peso, facendo scendere enormi quantità di rifiuti sul fondovalle e trascinando con sé le abitazioni costruite sul ciglio delle gole erosive. La contaminazione delle acque, del suolo e dei terreni agricoli (importante fonte di sostentamento), sommata ad allagamenti e interruzioni del fiume nel fondovalle,
porteranno all’inquinamento e alla distruzione dell’intero paesaggio della vallata. Malattie come la febbre tifoide, causate dall’aria inquinata, si stanno purtroppo già propagando, e il futuro si presenta drammatico.
Inoltre, sui fragili cigli delle gole erosive vanno ad abitare, soprattutto per la presenza di lotti più economici, molti dei profughi di guerra fuggiti dai conflitti in Nord-Kivu e Kasai (l’RDCongo è infatti il primo paese in Africa per numero di sfollati: 4 milioni).

Le divergenze presenti nel “waste-scape” kinois mostrano un paesaggio controverso: da un lato una megalopoli dinamica e in espansione, un’estesa area periferica, un vasto sistema idrico, tantissime risorse e una popolazione giovanissima; dall’altro un disboscamento insistente, l’avanzare di un processo erosivo generalizzato, una classe dirigente politica debole e instabile ed intere comunità della capitale estremamente povere, talvolta segnate da guerre civili ancora attive.

In questa situazione agli estremi, è necessario cercare un legame che unisca la popolazione congolese e le tante risorse presenti in questa terra. Infatti un corretto sistema d’insegnamento alla popolazione dei valori ambientali cambierebbe il loro modo di vedere, focalizzando il punto di partenza nella gestione del rifiuto. Le potenzialità, gli spazi del territorio e l’apporto di servizi per migliorare il fragile ecosistema urbano sono la strada che porta agli occhi della popolazione congolese nuovi metodi di trattare il rifiuto: non più uno scarto senza valore, ma un’importante risorsa. L’inserimento del rifiuto all’interno di un’economia circolare fa sì che ne possano beneficiare sia l’uomo che l’ambiente.

Bisognerebbe cercare di dare una possibilità di soluzione alle enormi problematiche socio-ambientali che si stanno moltiplicando all’interno del tessuto urbano-rurale periferico della città di Kinshasa. Un progetto di sviluppo che coinvolga direttamente anche la popolazione può essere un inizio per una tanto necessaria presa di coscienza.

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