Venezia, una comunità in difesa di Fusina

[di Rebecca Silvagni per CDCA] “Questo inceneritore non brucerà il nostro futuro! Giustizia climatica subito!”

Questo il grido di attiviste e attivisti di Fridays for Future che ha risuonato tra le mura della sede centrale di Veritas a Mestre

“Non accettiamo che mentre subiamo fenomeni meteorologici estremi, pandemie globali e incidenti industriali, quando la necessità di invertire la rotta è sempre più evidente, in nome del denaro si continui ad investire su strutture inquinanti che avranno impatti disastrosi per i prossimi decenni” 

E’ il 5 giugno quando i giovani del movimento ambientalista globale decidono di occupare per alcune ore il quartier generale della multiutility veneta che si occupa della gestione dei rifiuti. L’obiettivo, portato avanti da numerose associazioni della zona, è bloccare il potenziamento dell’inceneritore di Fusina, una frazione della municipalità di Marghera. 

Quel petrolchimico da tener d’occhio e di cui aver paura

Lo storico insediamento metallurgico e petrolchimico è uno tra i più celebri siti d’interesse nazionale d’Italia. Un territorio vessato dall’industria pesante che ha portato a gravi ricadute ambientali e sanitarie, dove il potenziamento del polo industriale di Fusina rappresenta un ulteriore attacco  alla salute della popolazione, che nei decenni ha dovuto fare i conti con l’aumento dei tumori causati dall’inquinamento ambientale. Lo dimostra l’ultimo rapporto dello studio S.E.N.T.I.E.R.I. dove si raccomanda di acquisire dati per valutare lo stato attuale della zona e di realizzare programmi di sorveglianza sanitaria ed epidemiologica per i soggetti che hanno lavorato nei diversi impianti produttivi del polo industriale. “L’area – ricorda lo studio –  è fortemente contaminata da composti organici persistenti  e metalli pesanti. Diversi studi hanno evidenziato la presenza di diossine, idrocarburi policiclici aromatici e pesticidi nei sedimenti e nel biota della laguna che possono essere concause degli eccessi di rischio osservati in entrambi i generi per molte patologie tumorali”. Quella fotografata dall’epidemiologia è l’altra faccia della laguna. Quella di cui Celeste Vanni, protagonista del libro Cracking di Gianfranco Bettin, direbbe “da tenere d’occhio e di cui avere paura”. Ed è proprio Bettin, presidente della municipalità di Marghera, che ha dovuto fare i conti con il volto nero della sua città. Bersaglio di intimidazioni è stato proprio il suo ultimo romanzo, trovato al piano terra del municipio, parzialmente bruciato e imbrattato da svastiche e minacce. 

libro cracking

Non è escluso che gli attacchi nei confronti del sociologo siano per la sua posizione netta nei confronti del progetto previsto per Fusina. 

Bettin considera necessaria “l’opposizione a un progetto sbagliato e nocivo, imposto senza confronto, che deve trovare una risposta adeguata da tutta la città e dal più vasto territorio che verrebbe colpito”. A suo avviso l’approvazione del progetto da parte del Comitato di Valutazione d’impatto ambientale regionale -avvenuta il 20 maggio– “dimostra che non c’è mai stata volontà di confronto e che l’obiettivo era ed è solo quello di realizzare un nuovo polo di incenerimento di scala regionale a Fusina”. 

In Veritas Veritatis

Il Gruppo Veritas, tramite la sua controllata pubblico-privata Ecoprogetto, ha richiesto tra aprile e maggio del 2019 di implementare i due inceneritori già presenti nello stabilimento di Fusina e ha richiesto l’autorizzazione alla costruzione di una terza linea. Il progetto intende incrementare la capacità produttiva delle linee di lavorazione del rifiuto urbano residuo da 258.500 a 450.000 tonnellate annue e produrre 150mila tonnellate di CSS Combustibile solido secondario, una quantità tre volte maggiore rispetto all’attuale produzione del bacino veneziano. Un’altro aspetto previsto dal progetto prevede l’incenerimento di 34mila tonnellate annue di fanghi di depurazione civile e percolati di discariche essiccati. Secondo il parere del professor Gianni Tamino, docente universitario e noto biologo, i fanghi conterrebbero numerose sostanze tossiche, prime fra tutte i PFAS che si trovano in «grande abbondanza nelle discariche di tutto il Veneto”, come ha affermato a VicenzaToday.

Il presidente di Veritas Vladimiro Agostini e il direttore generale della società Andrea Razzini affermano a Confservizi Veneto che il progetto “nasce per dare immediata attuazione all’ambizioso programma di economia circolare europeo, in particolare al decarboning, la riduzione dell’uso dei combustibili fossili, e quindi di emissioni di CO2”. Una narrazione che sembra prospettare la rinascita del territorio, una Venezia in procinto di una svolta green. Se però si considerano le 270.000 tonnellate di rifiuti che verranno inceneriti ogni anno appare evidente che il problema vada al di là del rispetto dei limiti di concentrazione indicati dalla normativa europea. La quantità assoluta di inquinanti dispersi nell’ambiente sotto forma di gas e di particolato ultrafine sarà inevitabile. 

Le mobilitazioni in corso

no inceneritore

Sono 20 tra associazioni ambientaliste locali e nazionali, sindacati, comitati di quartiere, unioni di medici e istituti culturali ad aver promosso e firmato la petizione lanciata tre mesi fa su Change.org per chiedere alla Giunta Regionale del Veneto e al Consiglio di Bacino Venezia Ambiente di ritirare la proposta del nuovo inceneritore di Fusina. 

L’appello però rappresenta solo la punta dell’iceberg di una mobilitazione che prosegue da oltre un anno e non si è arrestata neanche durante la pandemia. 

Osservazioni, webinar divulgativi, assemblee pubbliche e campagne informative sul territorio: partendo dal comitato Opzione Zero, storico protagonista dell’ambientalismo lagunare, passando per il Comitato No Grandi Navi, fino ad arrivare a Fridays For Future, si allarga la rete di contestazione che sta contribuendo a far crescere consapevolezza e partecipazione sociale.  Oltre seicento cittadini e cittadine hanno preso parte all’ultimo incontro pubblico, riempiendo Piazza Mercato a Marghera. La protesta si è poi trasferita il 13 giugno a Venezia, alle Zattere dove è stata realizzata una grande catena umana per chiedere una ripartenza post-covid che invertisse il processo della crisi climatica di cui la laguna è stata spesso protagonista. 

Un recente sintomo del livello conflittuale in corso è stata la mancata concessione dell’utilizzo di suolo pubblico all’interno dei parchi cittadini di Mestre. Interpretato come un tentativo politico di evitare un’occasione di dibattito sull’inceneritore, il diniego non ha impedito alle associazioni di mantenere l’appuntamento. 

Da una parte la componente istituzionale e privata che tutela un paradigma di sviluppo superato e dannoso, dall’altra la cura dei territori, la salvaguardia della salute e la problematizzazione della pandemia in corso.

Il conflitto ambientale di Fusina sintetizza tutto questo, come fosse il riflesso di un Paese intero.