Nutrire il pianeta: senza OGM da Nord A Sud

I danni inflitti alle popolazioni e ai territori dall’uso sempre più esteso degli OGM sono evidenti: dall’inquinamento della terra alla siccità, dai cambiamenti climatici alle problematiche relative alla sicurezza alimentare

di Sara Fidanza per A Sud

Rispetto all’uso degli OGM durante questi mesi nell’ambito delle negoziazioni sul TTIP, l’accordo commerciale UE-USA per la creazione di quella che sarebbe la più grande area al mondo di libero scambio, si sta cercando di aggirare l’applicazione del “principio di precauzione” (PP), attraverso il quale, in Europa, era stato possibile opporsi alla commercializzazione degli OGM in assenza di certezze scientifiche circa i potenziali effetti negativi sulla salute. Negli Stati Uniti, invece, in base all’applicazione del principio di “equivalenza sostanziale” (ES), la commercializzazione dei cibi transgenici è consentita laddove venga dimostrato che i valori riguardanti le qualità organolettiche dell’alimento transgenico siano equivalenti a quelli dello stesso tipo di alimento non modificato già presente sul mercato.

Difendendo il TTIP, la Commissione europea sostiene che la modifica delle leggi che riguardano gli OGM non rientra nei negoziati e quindi gli Stati non saranno costretti a modificare le loro normative. Al di là di queste dichiarazioni la verità è che ci saranno sempre più OGM in circolazione perché l’armonizzazione delle normative europee ed americane in materia alimentare si tradurrà appunto nell’abbattimento delle barriere c.d “non tariffarie”. Ma dobbiamo fare attenzione: il contenuto del TTIP è uno dei segreti meglio custoditi dell’Ue: non hanno ottenuto informazioni neanche i parlamentari europei e quindi nessuno è in grado di dire quali cibi arriveranno in Europa dopo l’entrata in vigore del trattato.

Il commissario europeo all’Agricoltura, il rumeno Dacian Ciolos, ha dichiarato che il TTIP non dovrà in nessun caso aprire le porte dell’Ue ai cibi Ogm ma l’agenzia di stampa Reuters ha riportato la risposta del segretario statunitense all’Agricoltura, Tom Vilsack a Ciolos: due pugni battuti sul tavolo durante un incontro a Bruxelles. L’americano ha sostenuto infatti che dalle trattative sul TTIP dovranno essere spazzate via tutte le barriere “non scientifiche”. Traduzione: poiché le agenzie statunitensi Fda ed Epa, con competenze in materia alimentare e ambientale, garantiscono scientificamente l’assenza di rischi per i prodotti OGM e i loro pareri sono determinanti nella normativa Usa su cibo e agricoltura, l’Unione Europea dovrà adeguarsi. O “armonizzarsi”, come ha sostenuto Vilsacks.

Il segretario statunitense ha ribadito che l’Ue dovrà “ripensare” al suo NO alla carne di animali che hanno ricevuto trattamenti ormonali o ai polli lavati con candeggina: questi trattamenti servono a ridurre gli agenti patogeni; allo stesso modo non sarebbe una soluzione né libera né soddisfacente decidere che una parte della carne U.S.A importata in Europa debba provenire da animali che non abbiano subito trattamenti ormonali. Anche di dichiarare la presenza di OGM sulle etichette dei cibi, come vorrebbe l’Unione Europea, non se ne parla. Vilsack dal suo punto di vista ha affermato che etichette del genere indurrebbero i consumatori a credere che la presenza di Ogm possa costituire un problema e ha suggerito che si potrebbe aggirare l’ostacolo con un’app: prima di acquistare il cibo si potrebbe passare il telefonino sul codice a barre per vedere se contiene o meno OGM. Anche l’ambasciatore americano in Italia Gardner, ha dichiarato in un convegno che se l’Europa non avanzerà un ambizioso programma in agricoltura, cedendo così rispetto all’ingresso sul mercato degli OGM, è sicuro che il TTIP non sarà approvato dal congresso americano.

Mentre la campagna STOP TTIP –Italia si riunirà nell’assemblea nazionale dell’8 Novembre sul tema, le proteste contro il trattato continuano così come gli incontri e le conferenze volte al dibattito e alla sensibilizzazione sull’importanza del rispetto dei criteri di qualità e delle idee di giustizia ambientale e sociale che movimenti e associazioni di tutto il mondo hanno avuto modo di discutere anche in occasione dell’incontro con i vertici del Vaticano durante gli scorsi 27, 28 e 29 ottobre.

Il 30 ottobre, a Roma, con la presenza di importanti esponenti e leader dei movimenti popolari mondiali, presso la Sala Mercede della Camera dei Deputati, si è tenuto il convegno “NUTRIRE IL PIANETA CON CIBO DI QUALITA’: l’agricoltura italiana incontra il Movimento Sem Terra e Via Campesina internazionale.

L’iniziativa è stata promossa da Serena Romagnoli (Amig@s MST-Italia) e Adriano Zaccagnini (Vicepresidente XIII Commissione Agricoltura) con l’adesione di Serena Pellegrino (VIII Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici) e Susanna Cenni (XIII Commissione Agricoltura) mentre Riccardo Rifici, esperto di sostenibilità e funzionario del Ministero dell’Ambiente, ha coordinato gli interventi centrati sull’agricoltura come questione sempre più attuale e centrale all’interno degli equilibri globali.

Il professor Piero Bevilacqua, storico e curatore del libro “Storia dell’Agricoltura italiana in età contemporanea”, ha aperto la sessione con un quadro sull’evoluzione dell’agricoltura dall’Unità d’Italia all’Expo. Si chiede “Fino a che punto si può essere competitivi?”, in merito alla questione della commercializzazione dei prodotti agricoli italiani che, su larga scala, non possono rispondere alle esigenze del mercato globale in termini di produttività e concorrenza. Riflettendo sulla particolarità della geografia e della storia sociale del nostro paese, Bevilacqua ha sostenuto che il problema non sia tanto quello di saper rispondere o meno alla domanda di cibo sulla base di una sperimentazione transgenica, quanto piuttosto la scarsa consapevolezza di gareggiare all’interno di un sistema sbagliato nel suo principio. Sistema che con i TRIPs pretende la cancellazione dei meriti di tutti quei contadini che per millenni hanno portato avanti il lavoro di miglioramento all’interno del settore e che vuole eliminare le loro libertà e i loro diritti. Ripercorrendo le tappe che dalla rivoluzione agricola araba hanno condotto alla pioggia di pesticidi della Rivoluzione Verde, Bevilacqua ha sottolineato il ruolo centrale della donna nella tutela di un rapporto armonico tra biodiversità e alimentazione ricordando, al contrario, che delle circa 500 varietà di cereali coltivati fino al 1700 solo 6-7 oggi si trovano all’interno dei prodotti in vendita sugli scaffali dei supermercati. In chiusura il professore ha delineato una prospettiva per l’agricoltura italiana: quella di difendere e far conoscere l’enorme varietà dei nostri prodotti, promuovendo cibi tradizionali, insoliti nella loro semplicità inestricabilmente legata a quel monumento storico che è il paesaggio italiano. “Riprendiamoci la ricchezza della nostra bellezza”, ha concluso.

È seguito l’intervento di Fransiska Rodriguez, rappresentante cilena di Via Campesina, con la presentazione del documento “Perché le colture OGM sono una minaccia per gli agricoltori, la sovranità alimentare, la salute e la biodiversità del pianeta”. Evidenziando l’influenza che l’agricoltura e l’alimentazione hanno avuto nella storia dei popoli, l’attivista ha sostenuto che “I nostri semi viaggiavano liberi ed è così che l’umanità è cresciuta (…) Oggi i semi devono condurre una lotta di resistenza per proteggere le basi del diritto all’alimentazione in questo mondo fatto di bugie, che dice di voler risolvere il problema della fame quando essa stessa è figlia del sistema che dicendo di combatterla, l’ha generata”. Gli stessi studi condotti dalla FAO e dal WHO (2012) hanno descritto come dal 1996, anno in cui si sono cominciati a seminare i transgenici, è aumentato sia il numero di malnutriti che di obesi accelerando, in aggiunta, l’espulsione e l’impoverimento di piccoli e medi produttori, sostituendo la manodopera con i macchinari e peggiorando le condizioni di disoccupazione rurale. “Sono 6 le imprese transnazionali che controllano tutti i transgenici seminati e le stesse imprese commerciano agrochimici e fitosanitari prodotti per eliminare le infestanti e i parassiti che attaccano le colture OGM ma sui pesticidi gli organismi geneticamente modificati sono progettati per resistere. Le multinazionali del settore agro-alimentare sono legate anche al settore sanitario: fanno coltivare piante che hanno bisogno di sempre più pesticidi e poi vendono le medicine per far fronte alle malattie sorte da contaminazione”. Questi crimini contro la salute pubblica avvengono indisturbati e uniti al lavaggio di cervello perpetuato dai media che spingono le popolazioni a pensare che gli OGM non facciano male mentre in televisione vediamo “Chef che fanno finta di insegnare al mondo come cucinare mentre in realtà ci inducono ad imitarli solo su ”.

Alla tavola rotonda “Le sfide dell’agricoltura mondiale oggi” Serena Pellegrino ha ricordato la questione del Friuli e della Monsanto, ribadendo la necessità di opporsi al decreto Sblocca Italia continuando a difendere la biodiversità e la libertà nello scambio dei semi, anticipando alcuni punti poi ampliamente ripresi e ribattuti dall’intervento del rappresentante di Via Campesina e fondatore del Movimento Senza terra Brasile: Joao Pedro Stedile.

Stedile, personalità carismatica che unisce alla preparazione su più temi la capacità di esprimere complessi concetti ideologici traducibili in piani d’azione effettivi, ha cominciato il suo intervento senza mezzi termini: “Il mondo è dominato dall’egemonia del capitale, per difendere la biodiversità e la sovranità alimentare non dobbiamo dipendere dalle multinazionali che vogliono renderci schiavi dei loro profitti: quel che si deve fare non è solo difendere il nostro progetto ma lottare contro il sistema!”. Il leader storico del Movimento dei Senza Terra ha condotto un’approfondita analisi sugli effetti provocati dagli OGM, tristemente sintetizzate nell’assunto del “mettere a dura prova la sopravvivenza del pianeta”. L’aggravarsi della crisi climatica, l’inquinamento, l’esaurimento d’acqua dolce e l’eutrofizzazione, l’erosione dei suoli e l’industrializzazione dell’agricoltura non solo hanno stravolto gli equilibri degli ecosistemi ma hanno contribuito alla giustificazione di un processo industriale proiettato sulla natura che trasforma la produzione alimentare in una merce neoliberista entrata in collisione con la conoscenza contadina e i saperi ancestrali spogliati dei loro diritti d’essere e avere.

Alla tavola rotonda hanno partecipato anche Stefano Masini (Coldiretti) che ha denunciato la delocalizzazione delle agro-industrie e i fenomeni ad essa annessi come il land grabbing e la mercificazione del cibo; Domenico Minnini (Flai – CGIL) che ha espresso preoccupazione rispetto alla condizione dei lavoratori, Ivan Nardone (CIA) che ha rimarcato la necessità di puntare sui sistemi agricoli medio-piccoli e policolturali; Andrea Ferrante (AIAB) che ha denunciato l’insensatezza del decreto “terrevive” e la messa all’asta dei territori pubblici sottratti al bene comune in favore della nascita d’imprese e Domenico Finiguerra (Salviamo il paesaggio), che si è schierato con fervore contro le lobby del cemento e lo Sblocca Italia e contro l’Expo con i suoi sponsor dalla dubbia integrità etica. Finiguerra, autore del libro “Il suolo è dei nostri figli” ha sostenuto che si debba smettere di fare retorica e iniziare a lottare realmente contro le politiche di sfruttamento del suolo che, uccidendo l’agricoltura contribuiscono al perpetuarsi di un sistema di valori sbagliato che invece di basarsi su una funzione sociale si fonda su quella speculativa. Alla proposta di un cambio di paradigmi si è legato anche Adriano Zaccagnini che ha indicato Expo e TTIP come passerella d’onore delle multinazionali contro una resistenza contadina agro-ecologica sempre più organizzata.

L’immagine della classe contadina disegnata dalla società industrializzata deve essere rivista profondamente, soprattutto in questo periodo storico in cui i mass media profilano stereotipi di modernità affamata di tecnologia e finanza. I movimenti contadini, lungi dal voler incarnare solamente una visione nostalgica del mondo rurale, possono essere la chiave di svolta per la rinascita di una consapevolezza che preferisca la genuinità alla modificazione genetica. I contadini, con i loro saperi e con la cura delle tradizioni, possono contribuire efficacemente alla rinascita di un’agricoltura che sappia veramente essere rispettosa delle culture, della natura e delle diversità che in esse si fondono. Il supporto alle loro lotte è il grande passo per un’alleanza di movimenti che tanto nel Nord quanto nel Sud del mondo possa conservare i principi della giustizia ambientale, consapevole che, se i semi della speranza sono stati piantati, sappia anche coltivare e raccogliere i frutti di un mondo migliore.

{Sara Fidanza}

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