I numeri della follia collettiva. Sintesi statistica dei mali della terra

Parigi marcia per il clima[Di CM su Effimera.org] COP21, cioè la XXI Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si sta svolgendo a Parigi tra repressioni e divieti dopo gli attentati che la città ha subito due settimane fa. Una Parigi militarizzata, consegnata allo stato di polizia, con in piazza le scarpe ordinatamente allineate al posto delle persone, fa da sfondo a un incontro dove decantano simbolicamente parte dei problemi che hanno anche portato alla tragica notte del Bataclan, come in un circuito perverso: le sofferenze climatiche del pianeta dipendono in buona parte della emissioni e la dipendenza dal petrolio è causa delle guerre che affliggono il Medio Oriente con distruzione di vite e tessuti sociali che innescano reazioni e l’insorgere di fondamentalismi.

Nonostante alcuni impegni formali – e tra l’altro fallimenti – questo genere di appuntamenti tra i potenti della terra, organizzati da 20 anni a questa parte, lungi dall’imprimere una diversa strategia sui temi ambientali ai paesi industrializzati, dimostrano solo la pervicace tendenza autodistruttiva del sistema economico globale, tra tensioni geopolitiche complicate dalla crisi economica; inarrestabili, drammatiche tendenze predatorie sulle risorse naturali e novità quali “la finanziarizzazione delle emissioni inquinanti, che da problema diventano così mercato internazionale dove scambiare quote-carbonio e, perché no, scommettere”.

André Gorz in un libro del 1977, Ecologia e libertà, che oggi viene ripresentato al pubblico italiano grazie alla nuova traduzione e curatela di Emanuele Leonardi, (edizioni Orthotes), preconizzava precisamente lo stato di crisi complessiva nel quale ci saremmo trovati: “Crisi del rapporto tra gli individui e la sfera economica, crisi del lavoro, crisi del nostro rapporto con la natura, con i corpi, con l’altro sesso, con la società, con le generazioni a venire, con la storia; crisi della vita urbana, dell’habitat, della scuola, della medicina, della scienza” e aggiungeva:

“non si tratta affatto di divinizzare il nostro rapporto con la natura né di ritornare ad essa ma di considerare questo fatto: l’attività umana trova nella natura il suo limite esterno e, ignorando questo limite, provoca conseguenze nefaste […] La risposta degli economisti è essenzialmente consistita fino a questo momento nel trattare come utopisti e irresponsabili coloro che constatavano questi sintomi della crisi riguardanti i rapporti profondi con la natura all’interno dei quali l’attività economica trova la sua primaria condizione d’esistenza”.

Al realismo ecologico proposto da Gorz si obiettava, scrive l’autore, che “l’arresto o l’ inversione della crescita economica non solo perpetuerebbe ma potrebbe pure aggravare le diseguaglianze sociali, provocando quindi un deterioramento delle condizioni materiali dei più poveri. Ma da cosa si è mai desunto che la crescita cancella le diseguaglianze? Le statistiche mostrano piuttosto il contrario”.

I dati che presentiamo, colti da varie fonti quasi quaranta anni dopo l’uscita di questo testo, mostrano come… Per continuare la lettura, clicca qui.

 

 

Pubblicato su Effimera.org il3 dicembre 2015