Ecuador: petrolieri cinesi a trivellare nella foresta amazzonica e nella casa degli indigeni

Ecuador petrolio Cina1[Di redazione su Dorsogna.blogspot.it] Quanto vale la foresta amazzonica dell’Ecuador con tutta la sua natura, biodiversita’, e civita’ indigena? Non e’ una domanda retorica, perché un altro pezzo di foresta amazzonica se ne va. L’Ecuador ha infatti deciso di vendere 200mila ettari di foresta nel sud del paese ad un consorzio di petrolieri cinesi, assetati di energia. Il costo? Ottanta milioni di dollari. Era uno degli ultimi angoli di Amazzonia dell’Ecuador ancora non esplorata dai petrolieri.

Non è servito a quasi niente che la popolazione indigena dell’Ecuador, organizzazioni ambientaliste da mezzo mondo, e personalità varie abbiano espresso la loro contrarietà. Il governo ha firmato la cessione mineraria a due ditte cinesi raggruppate sotto il nome Andes Petroleum Ecuador. Sono la China National Petroleum e la China Petroleum and Chemical Corporation, di proprietà statale di Pechino.

Il nord dell’Ecuador vive ancora l’eredità della Texaco, adesso di proprietà della Chevron. Contro la Texaco/Chevron c’è una causa per inquinamento che va avanti da più di venti anni. I petrolieri americani sono accusati di avere reso l’acqua imbevibile, di avere creato discariche illegali, di non aver fatto manutenzione alle loro infrastrutture e di non avere ripulito tutto il disastro che avevano creato in trent’anni di attività. Sono anche accusati di avere portato a malattie e morti premature. Ma i petrolieri sono potenti, e di questa causa infinita ancora non se ne viene a capo. Nel corso degli anni alla Texaco/Ecuador si sono aggiunte decine di altre ditte petrolifere, tutte lasciando dietro di se una lunga scia di danni agli indigeni, alla natura, all’acqua. Per dirne una, proprio in questi giorni nel vicino Peru’ da un oleodotto sono finiti nei fiumi e nelle piantagioni di cacao crica 500 mila litri di petrolio.

L’arrivo dei cinesi della Andes Petroleum è più recente: operano anche loro nel nord del paese e quindi, visto l’ecocidio da quelle parti già dovuto a Texaco/Chevron e non certo migliorata dalla Andes Petroelum, gli indigeni del sud hanno cercato di fare tutto il possibile per fermarli.

Le due nuove concessioni si trovano nei terreni del gruppo indigeno Sápara, trecento anime. L’UNESCO ha dichiarato la loro lingua “Oral and Intangible Cultural Heritage of Humanity” nel 2001, per la sua particolarità. Quella dei Sapara è da sempre una comunità che ha sofferto per colpa dello stranierio: prima decimati dall’arrivo dell’uomo bianco e delle sue malattie, poi dalla devastazione del loro habitat quando si abbattevano alberi per farci la gomma. Nel loro passato c’è schiavitù e maltrattamento, specie di donne. Secondo Amazon Watch, le trivelle qui porterebbero al genocidio culturale: i Sapara non resisterebbero, e questo va anche contro la costituzione dell’Ecuador, dove è scritto nero su bianco che la cultura indigena va rispettata e protetta.

Oltre i Sápara, le tribu Kichwa e Shiwiar hanno più volte manifestato la propria contrarietà alle trivelle nei loro terreni. Il loro leader si chiama Ushigua, una donna Sapara, che è spesso stata presa di mira dalle autorità solo per avere protestato e chiesto che i propri diritti venissero rispettati. Sa di essere li a combattere da sola una battaglia più grande di lei.

Le concessioni vendute dal governo dell’Ecuador sono accanto allo Yasuní National Park, altri 6 mila chilometri quadrati di giungla con altre comunità mai contattate dal mondo esterno, i Tagaeri e i Taromenane comunità nomadi che non sanno neanche cosa sia il petrolio.

Ma tutto questo non interessa ne i governanti dell’Ecuador, ne tantomeno i cinesi, petrolieri e politici. Anzi, le firme degli accordi si sono svolti proprio mentre gli indigeni e gli ambientalisti protestavano vivacemente. Secondo i rappresentanti degli indigeni, la compravendita di queste concessioni è illegale perchè i residenti non sono mai stati interpellati.

E i cinesi? Zhao Xinjun, il presidente di Andes Petroleum Ecuador, dice che hanno investito oltre 3 miliardi e mezzo di dollari e che useranno tecnologia ultra moderna e pieno rispetto per l’ambiente. Si, come hanno rispettato l’ambiente in Cina!

Ma perché questa compravendita? Perché l’Ecuador, che produce circa 540 mila barili di petrolio al giorno, ha il petrolio come principale export. Ma i prezzi continuano a calare, e il governo continua ad indebitarsi. Anzi, a Gennaio 2016 sono stati firmati altri prestiti da Pechino a Quito, per un totale di sette miliardi e mezzo di dollari, quasi un decimo del loro PIL. Come dire, la Cina da prestiti e l’Ecuador gli da il diritto di trivellare la foresta.

É la maledizione di tutte le petrol-società: ambiente contro denaro.

“We are currently fighting a battle against oil companies that enter our territories and threaten our very existence. We have reached out to our allies, we are ready to fight with all the strength of our ancestors against the companies and government to protect the land from which we came, a land that must remain free from oil exploration.”

Ushigua, leader indigena del gruppo Sapara, Ecuador

 

 

Pubblicato su Dorsogna.blogspot.it il 20 febbraio 2016