Per rispettare l’accordo sul clima l’Italia dovrà raddoppiare le rinnovabili

Rinnovabili in Italia1[Di Antonio Cianciullo su Repubblica.it] In uno studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile gli obiettivi necessari a bloccare la crescita della temperatura tra 1,5 e 2 gradi di aumento. Ma nel 2015 in Italia le emissioni serra sono salite e l’energia pulita è diminuita: un trend da invertire.

L’accordo sul clima è stato siglato a Parigi nel dicembre 2015 e firmato a New York venerdì scorso. Più di 170 Paesi si sono impegnati a mantenere la crescita della temperatura ben al di sotto dei 2 gradi, facendo ogni sforzo per non superare la soglia di 1,5 gradi. E ora? Che significa passare dalle parole ai fatti? Lo scenario delle azioni virtuose necessario a raggiungere l’obiettivo è stato tracciato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile nella ricerca “La svolta dopo l’accordo di Parigi. Italy Climate Report 2016”, presentata oggi, nel corso del Meeting di primavera.

Per l’Italia (ipotizzando l’obiettivo intermedio, una crescita della temperatura di 1,75 gradi) significa dimezzare le emissioni serra al 2050 rispetto ai valori del 1990 (oggi sono a -20%), portare le fonti rinnovabili al 35% dei consumi energetici (oggi sono al 17,3%) e al 66% dei consumi elettrici (oggi sono al 38%), aumentare del 40% l’efficienza. E’ un obiettivo raggiungibile? Quello che è successo negli ultimi anni non induce all’ottimismo. Il 2015 è stato denso di segnali negativi. Le emissioni serra – complici una leggera ripresa del Pil, il basso prezzo del petrolio e il rallentamento delle politiche innovative – sono tornate a crescere del 2,5% (2% secondo i dati Ispra). La produzione di elettricità da fonti rinnovabili è scesa dal 43 al 38% ed è la prima volta che ha il segno meno dal 2007. Il complesso della produzione energetica da rinnovabili aumenta appena dello 0,2% annuo da tre anni.

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Dunque, se si seguisse questo trend, l’Italia non solo sarebbe condannata a fallire l’obiettivo fissato dall’accordo di Parigi, ma non riuscirebbe a raggiungere i target europei (27% di elettricità da rinnovabili al 2030) e neppure quelli della Strategia energetica nazionale (19-20% di rinnovabili al 2020). Insomma, l’obiettivo mondiale si alza e le performance italiane scendono.

Lo stop dell’Italia (dopo i risultati straordinari ottenuti nel periodo 2005 – 2012) arriva proprio mentre il quadro complessivo spinge a un cauto ottimismo. A livello globale le emissioni mondiali di gas serra nel 2014 e nel 2015 sono state infatti sostanzialmente stabili, nonostante l’aumento del Pil di circa il 3% l’anno. E gli investimenti sulle fonti rinnovabili nel 2015 hanno segnato un record arrivando a 286 miliardi di dollari contro i 130 miliardi dei finanziamenti ai combustibili fossili.

Ora con l’accordo di Parigi gli impegni dovranno diventare più consistenti. Una recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature calcola che un terzo delle riserve di petrolio, metà delle riserve di gas e l’80% delle riserve di carbone dovrebbero restare sottoterra per evitare che l’aumento di temperatura superi i 2 gradi. Per fermarci a 1,5 gradi – aggiunge l’Italy Climate Report 2016 – dovremmo consumare solo un terzo delle riserve di petrolio, un quarto di quelle di gas e un decimo di quelle di carbone. In modo da tagliare le emissioni serra dell’85% al 2050 e azzerarle al 2070.
Dunque, l’obiettivo si alza e le performance del nostro paese si abbassano. “L’attuazione dell’accordo di Parigi obbliga a una svolta delle politiche climatiche a tutti i livelli, compreso quello nazionale”, spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Prima si parte, prima si possono cogliere le opportunità di nuovi investimenti, di nuova occupazione, di sviluppo della green economy”.

Per l’Italia del resto – come nota Andrea Barbabella, responsabile energia della Fondazione – per raggiungere gli obiettivi di Parigi basterebbe ripetere un copione vincente già sperimentato: far crescere le rinnovabili al ritmo di un milione di tonnellate equivalenti petrolio all’anno e tagliare le emissioni serra di 11 milioni di tonnellate di CO2 all’anno è meno di quanto è già avvenuto nel periodo 2005 – 2013.

Per accelerare il processo la ricerca propone una serie di interventi: riformare la fiscalità in chiave ecologica introducendo una carbon tax, togliendo gli incentivi ambientalmente dannosi e riducendo la tassazione sulle imprese e sul lavoro; spingere sull’efficienza energetica; sviluppare la mobilità sostenibile; sostenere il ruolo attivo dell’agricoltura nella lotta al cambiamento climatico; promuovere lo sviluppo dell’economia circolare; stimolare l’innovazione orientata alla green economy.

 

 

Pubblicato su Repubblica.it il 27 aprile 2016