Seveso quarant’anni dopo

La nube tossica esce dallo stabilimento di Imesa

La nube tossica esce dallo stabilimento di Imesa

[di Giovanna Ricoveri su ecologiapolitica.org] Il 10 luglio 1976 alla Icmesa di Meda, comune della Brianza a nord di Milano, si verificò un incidente drammatico a causa del surriscaldamento di un reattore e la immissione in atmosfera di una polvere bianca – la diossina di Seveso, la più tossica di tutte le diossine, che provoca tumori e cloracne. La polvere bianca fu trascinata dal vento verso sud, ricadendo soprattutto su Seveso, Cesano Maderno e Desio, ma Seveso fu il comune maggiormente colpito, e per questa ragione la Direttiva europea 82/501 sui grandi rischi industriali prese il nome di Direttiva Seveso.

L’Icmesa era una società di proprietà della Givaudan, a sua volta appartenente alla multinazionale svizzera Hoffmann-La Roche, che fabbricava composti chimici organici, intermedi per la produzione di cosmetici e di erbicidi. Tra questi composti veniva prodotto il triclorofenolo, il cui rapporto con la diossina era ben noto, tanto che nel 1970 erano già stati descritti i danni alla salute verificatisi nelle persone esposte al contatto con gli erbicidi che gli americani avevano versato in grandi quantità in Vietnam per distruggere la giungla, nella quale si nascondevano i partigiani Vietcong, e i campi di riso, unico alimento per la popolazione che collaborava con i partigiani.

Per inciso, l’intossicazione dovuta alla diossina presente in quelle vere e proprie armi chimiche colpì anche i soldati americani che percorsero il terreno contaminato, tanto che molti reduci dal Vietnam fecero causa al governo americano per essere risarciti per i danni sofferti a causa del contatto con la diossina sparsa proprio dai loro stessi compagni d’arma. Dal 1970 inoltre l’uso agricolo degli erbicidi usati dagli americani in Vietnam era stato vietato anche in Italia. L’incidente di Seveso del 1976 accadde di sabato, quando la fabbrica era chiusa.

Ben presto gli animali domestici cominciarono a morire, e comparvero delle pustolette sulla faccia dei bambini che giocavano all’aria aperta ed erano venuti a contatto con la “nube”. Ma la direzione aziendale non avvertì né i lavoratori né la popolazione, e non denunciò l’incidente alle autorità sanitarie italiane fino al martedì successivo, quattro giorni dopo. Niente venne fatto fino al sabato successivo, quando la popolazione venne evacuata, cosicché l’incidente si tradusse in una vera catastrofe umana e sociale per un insieme di fattori, dovuti in parte al cinismo dell’azienda e in parte al cinismo e all’ignoranza degli amministratori locali e delle autorità sanitarie nazionali … continua a leggere su ecologiapolitica.org