Panama Papers, mega tangenti Eni: ecco i documenti

2[di Paolo Biondani e Leo Sisti su espresso.republica.it] Le carte che rivelano il fiume di soldi versati dal gruppo italiano ai familiari di un ministro algerino e ai politici nigeriani ?corrotti. È la mazzetta più grande della storia: 1,5 miliardi di dollari

Il tesoro delle tangenti africane nel cuore degli Stati Uniti. Grosvenor Park è un’oasi verde con scoiattoli che saltellano da un albero all’altro, ruscelli che attraversano campi da tennis e piscine. Dal centro di Washington ci si arriva in 20-25 minuti con la linea rossa della metropolitana. Il centro abitato è Rockville, nel Maryland. Al numero 10.201 di Grosvenor Place si erge un condominio di 12 piani con balconi a colore alternato, azzurro e verde. Nell’ampio ingresso il “doorman”, il portinaio, dice di non sapere nulla dei proprietari dell’appartamento 1703. Infilando in automobile la Tuckerman Lane, dopo 18 chilometri si arriva a Potomac. La villa al numero 11.209 di Hunt Club Drive, costruita nel 1967 su due piani, si nasconde dietro un albero maestoso: ha sei camere, quattro bagni, due garage. Qui, nel registro cronologico dei residenti, spuntano tre nomi che in Algeria contano moltissimo: Chakib Khelil, 77 anni, ex ministro, la moglie Najat Arafat, 74, e il figlio Khaldoun, 39.

L’appartamento e la villa nei dintorni della capitale americana sono le ultime tracce conosciute di un colossale fiume di soldi usciti da aziende del gruppo Eni e riversati in un arcipelago di società offshore gestite dal finanziere Farid Bedjaoui, inquisito come presunto tesoriere-ombra dell’ex ministro algerino dell’energia Chakib Khelil.
Il pm milanese Fabio De Pasquale, nella rogatoria inviata negli Usa il 15 marzo 2015, scrive che «l’investimento dei proventi della corruzione in proprietà immobiliari negli Stati Uniti costituisce un tipico modus operandi del gruppo criminale riconducibile a Bedjaoui».

Negli archivi di Mossack Fonseca, lo studio legale al centro dello scandalo dei Panama Papers, “l’Espresso” ha trovato gli atti di 12 delle almeno 17 società offshore utilizzate da Bedjaoui, secondo l’accusa, per ripulire e reinvestire un’enorme massa di presunte tangenti algerine: 400 milioni di dollari usciti dalle casse della società italiana Saipem. Altre carte riguardano un maxi-affare petrolifero in Nigeria che coinvolge i top manager dell’Eni. Sono i documenti, finora segreti, che chiudono il primo cerchio: dietro queste anonime società-cassaforte si nascondono proprio i potenti dell’Africa.

Continua a leggere su espresso.republica.it

 

Pubblicato il 26 luglio 2016