Spagna, siccità e inquinamento: a rischio il parco nazionale di Doñana

170410820-1348daf3-b9b8-434f-a02b-46ed4a69be09[di Antonio Cianciullo su repubblica.it] La riserva andalusa, considerata Patrimonio dell’umanità, ha perso l’80% delle sue fonti di acqua a causa della bonifica di paludi, agricoltura intensiva e inquinamento da parte dell’industria mineraria

ROMA – Lo status di parco non è più uno scudo sufficiente: l’onda del cambiamento climatico rischia di travolgere i presidi della natura tutelata. Anche perché spesso i danni prodotti dalla cattiva gestione globale delle risorse (gas serra derivanti dal sovrasfruttamento dei combustibili fossili) sono moltiplicati dalla cattiva gestione locale delle risorse (abusivismo edilizio, pozzi e cave illegali). La Spagna potrebbe essere il primo paese a inserire un’area protetta nell’elenco dei luoghi in pericolo.

L’allarme è stato fatto scattare dallo studio “Salvare Doñana: dal pericolo alla prosperità”, prodotto per il Wwf da Dalberg Global Development Advisors. Il Parco nazionale di Doñana, alla foce del Guadalquivir, in Andalusia, è un paradiso di 540 chilometri quadrati che ospita 4 mila specie, 6 milioni di uccelli migratori tra cui fenicotteri, aironi, gru e una tra le specie europee più minacciate, la lince iberica. Ora potrebbe essere inserito nella lista Unesco dei siti del Patrimonio mondiale dell’umanità in pericolo perché rischia di prosciugarsi completamente.

L’agricoltura intensiva e le modificazioni dell’alveo del fiume hanno già ridotto dell’80% il patrimonio idrico di questa area umida. Nonostante i vari accordi internazionali che dovrebbero proteggerla (sito Ramsar, sito Natura 2000, riserva della Biosfera dall’Unesco, Patrimonio dell’umanità), sono stati contati 1.000 pozzi senza autorizzazione e 3.000 ettari di allevamenti illegali.

Inoltre ci sono i rischi legati alle attività di estrazione. Un incidente in una miniera vicina 20 anni fa provocò il rilascio di 5 milioni di metri cubi di fanghi tossici e nei giorni successivi furono raccolte 30 tonnellate di pesci morti. La miniera fu chiusa e il tentativo di risanamento ambientale costò 380 milioni di euro, ma ora sono stati concessi nuovi diritti di estrazione. Inoltre l’area è stata dichiarata sito strategico di stoccaggio del gas e ci sono piani per un ulteriore dragaggio del fiume Guadalquivir.

Pubblicato il 15 Settembre 2016