Cambiamenti climatici “troppo rapidi perché la vita si adatti”. Shell sapeva, dal 1991

shell-cambiamenti-climatici-1024x439 - Copia[di Rete Clima su greenreport.itNon solo Exxon Mobil: la verità in un video prodotto un quarto di secolo fa (ma mai diffuso) dalla big oil, scoperto da The Guardian e The Corrispondent.

Se fossimo ai giorni odierni la definiremmo probabilmente di una azione di CSR (Corporate Social Responsbility), una forma di responsabilità ambientale da parte di una azienda preoccupata per le macro problematiche ambientali globali (originate peraltro anche dalle sue stesse attività nel mondo delle fonti energetiche fossili).

Stiamo parlando del video didattico e divulgativo “Climate of Concern” prodotto dalla Royal Dutch Shell nel 1991 ma mai reso pubblico, volto ad illustrare il cambiamento climatico e della sua pericolosità, con previsioni di riscaldamento assolutamente precise e coerenti (lo possiamo dire con il senno di poi, di oltre 15 anni di esperienza climatica) con l’incremento di temperatura effettivamente misurato negli anni a seguire.

Una azione meritoria da parte di una major del petrolio, una “big oil”, destinato al mondo delle università e dell’istruzione superiore (ma effettivamente mai divulgato!), mosso dalla chiara consapevolezza per cui i cambiamenti climatici stanno accadendo “ad un ritmo più veloce che in qualsiasi altra epoca dalla fine dell’era glaciale. Cambiamenti troppo rapidi forse perché la vita si adatti”. A fronte di una tale chiara e lucida coscienza scientifica, che ha motivato perfino la realizzazione di un video divulgativo sulla pericolosità del climate change già nel lontano 1991! (ripetiamo, mai diffuso), ci si sarebbe aspettati una azione imprenditoriale coerente con questo rischio ambientale riconosciuto elevatissimo dalla stessa azienda… ma la storia ci racconta invece un’altra cosa, un diverso comportamento della Royal Dutch Shell.

La storia ci ha infatti mostrato una azienda non solo fortemente impegnata nel settore petrolifero, ma quanto più attiva nel rallentare le politiche climate friendly, a giocare un ruolo a livello importante nel sostenere il negazionismo climatico.

In questo caso c’è molto poco sa dire….a nostro parere questo documento è un atto di accusa grandissimo per la Shell, che potrà avere futuri strascichi magari anche legali, magari proprio da parte dei propri azionisti danneggiati dalle “politiche struzzo” di questa (e di altre) compagnie petrolifere: oggi alcuni tribunali sono infatti in prima linea nel “rileggere” l’azione storica di queste major del mondo del petrolio che, pur avendo così chiari i rischi climatici già molti anni prima che questi diventassero di dominio pubblico, hanno operato coscientemente negli anni per negarli e poter continuare così il proprio “business as usual”.

Una storia che appunto ricorda da vicino quanto recentemente accaduto ad Exxon Mobil, un’altra major del petrolio colta con le mani nel sacco ad aver realizzato (ed altrettanto celato all’opinione pubblica) un report in cui si evidenziava la consapevolezza in merito alla gravita dei rischi collegati al climate change… lì si è finiti in tribunale, qui vedremo.

Dice Jeremy Leggett, oggi imprenditore di energia solare ed ex geologo che ha studiato depositi di argillite con il finanziamento Shell e BP: «Il film mostra che la Shell aveva capito che la minaccia (del cambiamento climatico, n.d.r.) era gravissimo, potenzialmente compromissivo per l’esistenza della civiltà più di un quarto di secolo fa».

Ma in realtà Shell era a conoscenza dei rischi climatici già da tempo: un report aziendale confidenziale scritto nel 1986, fa notare il Guardian, sottolinea la possibilità di cambiamenti “rapidi e drammatici“, che “avrebbero potuto impattare sull’ambiente, sui futuri standard vitali, sulle forniture di cibo, avendo importanti conseguenze a livello sociale, sconomico e politico”.

Insomma, il futuro di oggi già previsto nel 1986…. senza che sia stato fatto niente, anzi finanziando il negazionismo climatico.

(Pubblicato il 1/03/2017)