Si sposta un fiume per una strada diretta in discarica

[di Alessandro Coltrè per A Sud] Spostare di cinquanta metri il corso naturale di un fiume per realizzare una strada vicino una discarica.
Succede a Roccasecca, in provincia di Frosinone, dove da fine giugno il Melfa, affluente del fiume Liri, per colpa di ruspe e macchine movimento terra ha smesso di scorrere nel suo letto originale.

In quel tratto ora c’è una strada sterrata che conduce alla discarica di rifiuti urbani di proprietà della società Mad Srl. Un episodio ancora senza responsabili e che, dopo il sequestro dell’area da parte dei vigili urbani, è ora al centro di un’indagine della procura di Cassino.
A diffondere l’accaduto è stato Mauro Marsella, presidente del Comitato per la tutela e la salvaguardia del fiume Melfa che il 29 giugno, dopo aver visitato l’area sotto sequestro, ha racconto la situazione sui social: “Il corso del fiume è stato modificato artificialmente attraverso opere di contenimento e di riempimento ed è stato deviato l’alveo naturale del fiume, che adesso corre sulla sponda opposta. Si è trattato di un atto che ha snaturato l’immensa bellezza di quei luoghi, fino a dieci giorni fa intatti, e ne ha violentato le sue intrinseche caratteristiche naturali”.

La mobilitazione dei cittadini contro l’ampliamento della discarica

Il 2 luglio, le associazioni ambientaliste e gli amministratori locali hanno organizzato un sit-in davanti i cancelli della discarica, per contestare le operazioni che hanno deturpato il corso del Melfa e per confermare tutte le criticità del sito di smaltimento rifiuti. Una lotta, quella contro la discarica di Roccasecca, che va avanti da più di dieci anni, e che nei mesi scorsi ha portato in strada migliaia di persone contro la sopraelevazione provvisoria di venti metri di una parte della discarica, nel bacino 4.
Lo scenario dell’ampliamento della discarica si è delineato con l’aggravarsi della crisi rifiuti romana: il sito di Roccasecca infatti, oltre ad accogliere i rifiuti provenienti dalla provincia di Frosinone, riceve anche i rifiuti della Capitale. Questo flusso di immondizia romana ha occupato molte delle volumetrie disponibili all’interno della discarica.
A ottobre del 2018 la Mad Srl presenta quindi un progetto per una sopraelevazione con una capacità di 750 mila tonnellate. Numeri troppo grandi, contestati soprattutto per un fattore: l’autosufficienza. L’amministrazione comunale, guidata dal Sindaco Giuseppe Sacco, durante le conferenze dei servizi e negli incontri in Regione Lazio, ha fatto presente che la provincia di Frosinone potrebbe chiudere autonomamente il ciclo dei rifiuti senza aver bisogno di smaltire un tale quantitativo in discarica. Le mobilitazioni in tutta la Ciociaria hanno lanciato un messaggio chiaro: “Non siamo la pattumiera di Roma”. Comitati e Sindaci della zona hanno contrasto il nuovo palazzone dei rifiuti anche con un ricorso al Tar del Lazio, ottenendo all’inizio una sospensiva dell’ampliamento, poi rigettata e alla fine, dopo una lotta costante, si è arrivati a una riduzione di 10 metri della sopraelevazione e a un dimezzamento delle volumetrie.
Per i prossimi 14 mesi i rifiuti di Roma continueranno ad arrivare comunque a Roccasecca, perché la Capitale è in emergenza, gli impianti in sofferenza e la monnezza deve viaggiare. Per i prossimi 14 mesi il fiume Melfa e la popolazione della Ciociaria dovranno continuare a lottare contro questa assenza di programmazione.

I vincoli ambientali e la distanza tra la discarica e il fiume

Sull’ultimo attacco al Melfa, Tommasino Marsella, consigliere comunale di Roccasecca con delega all’ambiente, ai microfoni di Extra Tv ha raccontato alcuni aspetti che collegano la battaglia contro l’ampliamento della discarica e lo spostamento di un tratto del fiume. Secondo il consigliere “i responsabili si sono prodigati per spostare il fiume di circa 50 metri a sinistra per ovviare a un problema che l’amministrazione comunale gli aveva creato, perché avevamo scoperto che i bacini 2 e 3 della discarica Mad insistevano sulla fascia di rispetto della legge Galasso, che impone di stare almeno a 150 metri di distanza da un fiume, mentre i bacini si trovavano a 110 metri. Hanno quindi spostato il fiume e sconvolto per i 600 metri di lunghezza il Melfa, spostandolo letteralmente a sinistra di circa 50-60 metri”. Citando la famosa legge del 1985; primo provvedimento che sottoponeva il territorio nazionale a vincoli paesaggistici e ambientali, il consigliere Marsella consegna dunque una possibile ipotesi sulle motivazioni dei lavori nella zona ora sottoposta a sequestro. E mentre la procura di Cassino indaga sulla vicenda, resta la triste certezza di avere un fiume oppresso dai rifiuti, ferito dalle ruspe e spostato di 50 metri su un’altra sponda.