Expo, Sala: ‘Dieci padiglioni continueranno a vivere. Troppo costoso Albero della vita in città’

Immagine[su repubblica.it] Il commissario sul dopo. “In settimana un incontro su Palazzo Italia. Sarebbe un peccato abbattere il padiglione Zero”. Cantone: “Neanche prima della chiusura riusciremo a sapere quanto è costata”
Dopo Expo, Sala: “Spostare l’Albero della vita in città? Lo escludo””Più di 10 padiglioni saranno smantellati e ricostruiti altrove, nei loro Paesi o in città, come quello della Coca Cola o di Don Bosco. Ma la maggior parte verrà distrutta. Escludo che l’Albero della vita possa essere spostato in città, e per quando riguarda Padiglione Italia ne discuteremo presto. Sarebbe però un peccato buttare già padiglione Zero”. Comincia a prendere forma il quadro delle possibilità del post-Expo. Alcuni punti fermi sono stati descritti dal commissario unico Giuseppe Sala a margine dell’incontro ‘Expo dopo Expo’, organizzato per cominciare a delineare il da farsi in vista della chiusura dei cancelli il 31 ottobre. All’incontro ha partecipato anche il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone. Amara la sua considerazione: Expo finirà e non sapremo neanche allora quanto ci sarà costata. Il punto sono gli extracosti, le spese extra dovute ai ritardi e alle modifiche in corsa nella gara contro il tempo che a maggio ha permesso di aprire l’Esposizione universale dopo gli scandali. Partita ancora tutta da giocare. Non è detto che entro la fine dell’esposizione universale si saprà quanto è costato in più costruirla rispetto al previsto, ha spiegato Cantone, sottolineando di non essere “così ottimista nel dire che possiamo chiudere entro il 31 ottobre”.
 
IL FUTURO DEI PADIGLIONI E DELL’AREA – “Mi piacerebbe che Expo potesse rimanere aperto – ha detto Sala – sarebbe l’unica volta nella storia, ma il tema vero riguarda i Paesi. Tutti i Paesi smantelleranno i loro padiglioni, hanno già i contratti col personale che lo farà. Sarebbe veramente un peccato però buttare giù Padiglione Zero, onestamente. E’ il mio preferito, l’ho già detto il primo giorno, e bisogna trovare una soluzione”. Per quanto riguarda il destino del sito di Rho, Sala ha ribadito: “Continuo a pensare che l’idea della cittadella universitaria sia la migliore. Questa è un’area talmente grande che bisogna partire con un’idea solida, a cui poi altri si aggregheranno. Per me ora c’è l’urgenza di poter affermare che una parte del progetto c’è ed è sicura. In questo senso vedo con molto favore l’ingresso di governo in Arexpo”.

 
PADIGLIONE ITALIA – “In settimana – ha aggiunto Sala – parlerò con il commissario Bracco del futuro di Padiglione Italia, perché è chiaro che, se decidiamo di tenere aperto qualcosa, non possiamo usare la copertura di Expo, deve farsene carico il commissario italiano. Il mio unico punto è che ci sia chiarezza con chi gestisce, nella certezza che tutto sarà in sicurezza”. Il punto che l’area sarà interessata dai lavori di smontaggio ed è difficile pensare al via vai di gente su un Decumano costellato di cantieri. Ma Palazzo Italia “come da regolamento del Bie rimarrà anche dopo Expo e deve essere il punto di partenza di un grande progetto che coinvolgerà tutto il sito”, ha aggiunto Diana Bracco.

 

L’ALBERO DELLA VITA – Sul futuro dell’Albero della Vita, invece, il commissario ha detto di essere “più prudente”, perché “al di là della struttura dell’hardware, vive di software delicatissimo, costoso, e che ha senso solo se lo metti di fronte a decine di migliaia di persone, come in un grande parco divertimenti. La gestione all’albero è costosa, per cui escluderei che si possa rimontare in città”.
 
LA QUESTIONE DEGLI EXTRACOSTI – Ma quanto è costata Expo? Come già anticipato da Repubblica, il tema degli extracosti terrà banco anche dopo la chiusura dei cancelli. Solo il prezzo di Padiglione Italia è lievitato dai 28 di gara ai 53 milioni di euro. Sono quattro le questioni aperte sull’aumento delle spese che le società costruttrici hanno rivendicato viste i costi delle manodopera aggiuntivi dovuti alle modifiche ai progetti e della richiesta di fare in fretta. “Abbiamo fatto una riunione sulla questione dei due appalti Maltauro – ha spiegato Cantone – e credo che abbiamo messo in campo già una discreta base per Palazzo Italia. Ci sono i due problemi della piastra (ovvero della base infrastrutturale su cui sono stati costruiti i padiglioni, ndr) e di Cmc (la società che si è occupata di togliere tutte le interferenze dal sito, dai canali alle strade passando per le vasche di laminazione, ndr) su cui siamo un po’ più lontani. Anche con l’Avvocatura dello Stato ci siamo confrontati e io sono abbastanza ottimista”.

 

IL MODELLO EXPO PER GLI APPALTI – La questione, però, è che “Expo  –  ha sottolineato Cantone – ha dimostrato che non è vero che i controlli rendano più complicati o più lenti i lavori, anzi”. Secondo Cantone, “se i controlli sono fatti bene, se sono veloci, hanno l’effetto opposto, e permettono di riprendere i lavori perché creano un sistema di sicurezza”. Expo è diventato un “modello di controllo”  –  ha insistito Cantone- e ora “la lezione che dobbiamo trarne è di provare a uscire dalla straordinarietà”. Servono però norme più semplici. “La vicenda dell’Esposizione universale  –  ha spiegato il presidente dell’Anticorruzione – ha dimostrato che il codice degli appalti va cambiato. E’ farraginoso, e non a caso non c’è grande evento senza deroghe. Deve diventare più snello, più a portata delle stazioni appaltanti e più chiaro, perché regole poco chiare sono uno stimolo al malaffare e alla corruzione”.

 

I CONTROLLI ANCHE SUL DOPO-EXPO – Il lavoro della squadra di Cantone non si ferma. “Le priorità sono ovviamente provare a chiudere tutte le pendenze il prima possibile, le transazioni su cui stiamo lavorando. E poi ovviamente lavorare su dopo Expo, perché anche il dopo Expo deve essere il più possibile caratterizzato dagli stessi criteri”. Una serie di controlli sul dopo Expo, ha infatti spiegato “prevedono obbligatoriamente la presenza dell’Anac. La nostra unità operativa di scioglie a dicembre 2016, quindi parteciperemo ai controlli”.
Pubblicato su repubblica.it il 10 ottobre 2015