Giustizia climatica: l’azione dei cittadini

parigi-manifestazione-piazza[Tratto dal Dossier L’Italia vista da Parigi] Entrato in vigore il 4 novembre 2016, l’Accordo di Parigi è il trattato delle Nazioni Unite che dovrebbe salvare il mondo dal cambiamento climatico, impegnando gli Stati a “il mantenimento dell’incremento della temperatura media globale molto sotto i 2°C al di sopra dei livelli pre-industriali e di perseguire sforzi per limitare l’incremento della temperatura media globale a 1,5°C al di sopra dei livelli pre-industriali”. Tuttavia gli impegni di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra presi dagli Stati tramite i Nationally Determied Contributions (NDC) non sono sufficienti a limitare l’incremento della temperatura media della Terra entro i 2°C e quindi a scongiurare la catastrofe climatica.

A varie longitudini e latitudini del mondo organizzazioni sociali, movimenti e gruppi informali riflettono dunque sui possibili modi di utilizzare gli strumenti giudiziari per obbligare gli Stati ad agire contro il cambiamento climatico. Alcuni casi giudiziari sono già stati portati avanti con successo in Olanda, Pakistan e Stati Uniti mentre analoghi percorsi stanno prendendo forma anche in Francia e Norvegia.

OLANDA: Nel giugno 2015 un tribunale olandese, adito dalla Fondazione Urgenda (1) e da 886 cittadini, ha condannato lo Stato olandese per “violazione dei diritti dell’uomo” accusandolo di non fare abbastanza per evitare di raggiungere il limite di 2°C di riscaldamento globale. La sentenza ha stabilito che lo Stato olandese è obbligato a ridurre le sue emissioni ad effetto serra, in conformità con l’obbligo specifico di “proteggere i suoi cittadini”. Contro la pronuncia il governo olandese ha proposto appello.

PAKISTAN: Nel settembre 2015, in Pakistan, l’Alta Corte di Lahore ha dato ragione ad un pastore ricorrente contro il governo per l’inazione nel gestire le mutate condizioni climatiche e gli impatti di queste ultime sulla propria sussistenza. La Corte ha ordinato al governo di istituire un “consiglio climatico” per obbligare lo Stato ad assicurare i diritti fondamentali della sua popolazione per le questioni climatiche.

STATI UNITI D’AMERICA: Nel 2015, ventuno giovani tra gli otto e i diciannove anni provenienti da diversi paesi degli Stati Uniti hanno intentato causa, assieme all’organizzazione Our Children’s Trust, contro il governo federale degli Stati Uniti presso la Corte dell’Oregon (2). La denuncia afferma che, a causa del contributo dato dal Paese ai cambiamenti climatici, il governo federale ha violato i diritti costituzionali delle giovani generazioni alla vita, alle libertà, alla proprietà e al godimento di beni pubblici fondamentali. Il 10 Ottobre 2016, il giudice Ann Aiken ha respinto il ricorso del governo ad annullare la causa. Questa decisione apre la porta ad un eventuale ingiunzione al governo di mettere in atto un piano basato sulle evidenze scientifiche per attuare una drastica riduzione nelle emissioni dei gas a effetto serra negli Stati Uniti.

FRANCIA: All’inizio del 2016, in Francia, l’associazione Notre affaire à tous ha presentato un ricorso contro Stato francese avente come argomento la difesa della popolazione contro i cambiamenti climatici e la richiesta di “rimediare ai danni subiti dalla popolazione francese presente e futura”.

NORVEGIA: Nell’ottobre 2016 è stato presentato ricorso contro il governo norvegese a causa della decisione di aprire il Mare di Barents alle esplorazioni petrolifere. Il caso è portato avanti da una coalizione che include Greenpeace, rappresentanti delle popolazioni indigene, gruppi di giovani e (come nel caso degli Usa) il climatologo James Hansen. Il primo ministro norvegese è accusato di mancato rispetto dell’articolo 112 della Costituzione Norvegese che recita: “ogni persona ha il diritto ad un ambiente favorevole alla tutela della salute […]. Le risorse naturali devono essere gestite sulla base di valutazioni lungimiranti e di portata globale che permettano di salvaguardare tali diritti anche per le generazioni future”. Il primo ministro della Norvegia è inoltre accusato di agire in pieno contrasto con il consenso scientifico che sostiene l’Accordo di Parigi e di voler, con le sue azioni, sabotare l’accordo ancora prima della sua entrata in vigore.

Questi strumenti di pressione e di battaglia popolare potrebbero essere messi in atto anche in altri paesi, perché le decisioni prese da questi tribunali nazionali si basano sul diritto relativo alla responsabilità civile e questo tipo di giurisprudenza esiste nella maggior parte dei paesi. Proprio grazie a questo, l’associazione Our Children’s Trust offre supporto e consulenza legale ad associazioni di giovani in altri Stati americani o in altri Paesi che vogliano intentare analoghi processi presso i loro governi.

 

Estratto del capitolo III del dossier l’Italia vista da Parigi, a cura di A Sud e del CDCA

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NOTE:

(1) I dettagli del caso giudiziario sono consultabili al link: www.urgenda.nl

(2) Tra i querelanti appare il famoso climatologo James Hansen, per anni direttore del Goddart Space Laboratory della NASA e sua nipote