Gli ostacoli allo sviluppo dell’alternativa energetica

1[tratto dal dossier L’Italia vista da Parigi] Nel maggio del 2016, Joe Romm, scrittore, blogger, fisico ed esperto di clima, ha ideato la serie Quasi tutto quello che sai sulle soluzioni al cambiamento climatico non è aggiornato. Secondo Romm i grandi giornali ignorano o non riportano in modo corretto i passi avanti nel settore delle rinnovabili, ma nonostante questo la rivoluzione verso le energie pulite è inarrestabile. A sostegno di questa tesi, Romm cita (1) le analisi della Bloomberg New Energy Finance, dell’Agenzia Internazionale dell’Energia e della Goldman Sachs.

1) Il rapporto New Energy Outlook 2016 (2) realizzato dalla Bloomberg New Energy Finance analizza il mercato globale dell’energia dal 2015 al 2040 e prevede una trasformazione radicale nella maniera in cui produciamo energia. Secondo il report la domanda di combustibili fossili diminuirà drasticamente nei prossimi 10 anni e non perchè le scorte di carbone, petrolio e gas naturale stiano diminuendo, ma perché esistono già delle alternative più economiche. Ipannelli solari costano oggi 90% meno che nel 2008 e ogni volta che il parco solare mondialeraddoppia, il costo di un’unità scende del 26%. Il solare è una tecnologia, non un combustibile, per questo diventa più economica e più efficiente nel tempo. Anche i prezzi dell’energia eolica scendono velocemente: ogni volta che il parco eolico mondiale raddoppia, il costo unitario diminuisce del 19%.

Il dossier prevede ancora che il picco massimo di richiesta del petrolio potrebbe arrivare prima del previsto, rappresentato da una richiesta totale più bassa di quanto atteso a causa del rapido ingresso sul mercato di vetture elettriche e batterie a buon prezzo per lo stoccaggio di energia derivata da fonti rinnovabili. Secondo Bloomberg, l’energia solare e l’energia eolica saranno le forme più economiche di energia nella maggior parte del mondo al 2030. Lo studio conclude che l’era dei combustibili fossili sarà sostituita da un’era contrassegnata dal mix energetico ma aggiunge che nonostante la rivoluzione delle energie rinnovabili stia avvenendo ad una velocità impressionante, non è ancora abbastanza veloce per impedire di raggiungere dei livelli pericolosi di riscaldamento globale. Infatti, senza un’azione politica dei governi le emissioni globali di CO2 da parte del settore energetico arriveranno al loro massimo negli anni 2020 e rimarranno costanti nel prossimo futuro. In sintesi, nonostante scenari di sviluppo delle alternative energetiche incoraggianti, secondo l’analisi di Bloomberg New Energy Finance questo non sarà sufficiente per contenere l’aumento della temperatura della Terra entro i 2°C.

2) Nel Medium-Term Renewable Market Report (3), pubblicato nell’ottobre 2016, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) è concorde nell’affermare che il mondo si sta avviando ad una transizione globale verso un’economia decarbonizzata. Anche se i costi dei combustibili fossili sono bassi, l’energia prodotta da fonti rinnovabili si è espansa ad una velocità senza precedenti nel 2015, grazie al drastico abbattimento dei costi e a politiche di supporto dei governi. Secondo l’IEA, il 2015 ha rappresentato un punto di svolta per le energie rinnovabili, che hanno coperto più della metà dell’energia prodotta nel mondo da nuove installazioni elettriche, arrivando a fornire 153 Gigawatt (GW), il 15% in più dell’anno precedente.

La maggior parte di questa espansione è stata prodotta dall’incremento della produzione di energia da parte del settore eolico (66 GW) e dal solare fotovoltaico (49 GW). L’IEA prevede che nei prossimi anni le energie rinnovabili resteranno la fonte di elettricità che cresce più velocemente, passando dal 23% del totale nel 2015 al 28% nel 2021. Nel medio termine, prevede l’IEA, le rinnovabili copriranno più del 60% dell’incremento della produzione di energia, colmando la distanza con il carbone. In totale, nel 2021 le energie rinnovabili dovrebbero arrivare a produrre più di 7600 Twh (4), cioè una quantità equivalente a quella prodotta oggi da Stati Uniti ed Europa messi assieme.

Se sostenute da politiche energetiche adeguate, le energie rinnovabili potrebbero arrivare a produrre nel 2030 più di 15.000 TWh e diventare la prima fonte di energia elettrica, sorpassando il carbone. Tuttavia, e nonostante i notevoli progressi, rimangono ancora molte barriere, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, che per sviluppare queste tecnologie hanno bisogno di finanziamenti (5). Inoltre, nota l’IEA, la transizione verso le energie rinnovabili è ancora lenta nel settore del riscaldamento e del trasporto e per svilupparsi ha bisogno di politiche energetiche mirate e molto più efficaci di quelle attuali. Se questo non avverrà, l’IEA esprime dubbi sul fatto che l’attuale sviluppo delle rinnovabili possa permettere di raggiungere gli obiettivi di contenimento del cambiamento climatico che sono indicati nell’Accordo di Parigi.

3) Ulteriori e interessanti spunti ci arrivano dal rapporto The Low Carbon Economy (6) pubblicato nel novembre 2015 dalla Goldman Sachs. Il dossier analizza il ruolo delle tecnologie a basso impatto di carbonio (tra cui spiccano solare fotovoltaico, eolico terrestre, vetture ibride e vetture elettriche, LED (7)) nel modificare l’aspetto dell’industria energetica globale. Grazie ad un sistema normativo che evolve in loro favore e alla riduzione dei costi di produzione, queste tecnologie stanno conquistando porzioni sempre maggiori nei mercati dell’illuminazione, della generazione di elettricità e degli autoveicoli. In tal senso le energie rinnovabili stanno non solo determinando un’importante riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, ma al contempo contribuendo al cambiamento delle dinamiche di competizione tra le differenti forme di energia.

Secondo l’analisi della Goldman Sachs, esse contribuiscono infatti a ridurre le barriere per l’entrata di nuovi attori sul mercato dell’energia e aprono numerose opportunità per nuovi modelli economici, basati anche sulla partecipazione dei cittadini alla produzione di energia. Tutto ciò porterà ad una frammentazione del mercato e ad una competizione via via crescente, che potrebbe portare a degli stranded assets (8) per le società del carbone e delle altre energie fossili. Nonostante il rapido sviluppo di queste tecnologie, il rapporto della Goldman Sachs evidenzia che la messa in atto di politiche di supporto rimane comunque un fattore chiave per determinare la velocità e le proporzioni della crescita di economie a basso impatto di carbonio nei prossimi 5-10 anni. Infatti, anche se in linea di massima ci si aspetta che le economie più sviluppate mettano in atto normative tese a regolare il mercato dell’energia e favorire le tecnologie a basso impatto, a livello internazionale il piano normativo rimarrà con ogni probabilità frammentario e volatile.

In definitiva, conclude il report, è molto probabile che da qui al 2025 gli incentivi per le tecnologie a basso impatto di carbone vengano implementate ancora a livello nazionale invece che essere fissati nell’ambito di negoziati internazionali; vengano definite per settore e per tecnologia, invece che assumere carattere generale e continuino a cambiare spesso (9) in quanto condizionati non solo dalle innovazioni tecnologiche ma anche dall’andamento del mercato.

 

Lo scenario 100% rinnovabili

Sotto la guida di Marc Jacobson, Direttore del programma di ricerca su energia e atmosfera dell’Università di Stanford, in California, un gruppo di ricerca internazionale ha elaborato dei fogli di rotta per raggiungere un mix energetico composto all’80% di energie rinnovabili nel 2030 e al 100% di energie rinnovabili per il 2050, con riferimento a ben 139 Paesi del mondo (10).

Resi noti al grande pubblico tramite la piattaforma The Solution Project (11), i fogli di rotta elaborati da Jacobson e colleghi riguardano tutti i tipi di infrastrutture energetiche (elettricità, trasporto, riscaldamento e refrigerazione, industria e impianti relativi a agricoltura, foreste e pesca) che saranno sostituite da infrastrutture alimentate grazie a vento, acqua e sole (cosiddetto scenario VAS: vento, acqua, sole). Lo studio si basa sull’impiego di nuove tecnologie, ma esclude l’uso dell’energia nucleare, la cattura del carbonio, le biomasse e i biocombustibili liquidi, così come il gas naturale perché queste misure fanno aumentare l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas ad effetto serra ben più di quanto non facciano le tecnologie legate allo sfruttamento di vento, acqua e sole.

Lo scenario VAS proposto da Jacobson e colleghi oltre a sostituire completamente i combustibili fossili con fonti di energia rinnovabili, ridurrebbe anche di circa il 42,5% la richiesta totale di energia. Questo grazie ad un rapporto lavoro:energia dello scenario VAS superiore rispetto al rapporto lavoro:energia basato sulla combustione (-23,0%), al fatto che lo scenario VAS non prevede utilizzo di energia per estrazione, trasporto o trasformazione come i combustibili (-12,6%), e infine perché l’efficienza dell’utilizzazione finale nello scenario VAS è superiore rispetto a quella dello scenario attuale (-6,9%) (12).

La transizione dall’attuale sistema energetico verso lo scenario energetico VAS consentirebbe di creare circa 24,3 milioni di nuovi posti di lavoro permanenti, al netto delle perdite di impieghi che si verificherebbero nel settore delle energie fossili. Questa transizione avrebbe dei vantaggi anche sul piano della salute pubblica (eliminando i circa 4,6 milioni di morti premature causati dall’inquinamento atmosferico) e permetterebbe di risparmiare circa 28.500 miliardi di dollari che si prevede di spendere al 2050 per adattamento e mitigazione se continuiamo con lo scenario energetico attuale (13).

La transizione globale verso un mix energetico composto da sole energie rinnovabili e tecnologie a basso impatto di carbonio ridurrebbe e stabilizzerebbe i prezzi dell’energia. Inoltre si ridurrebbero i conflitti grazie all’indipendenza energetica raggiunta da alcuni paesi. La povertà energetica sarebbe ridotta grazia alla decentralizzazione del controllo dell’energia.

Jacobson e colleghi suggeriscono infine che se le politiche per la transizione energetica fossero accompagnate da politiche che prevengano il cambiamento di uso dei suoli (14), si potrebbe avere una possibilità tra il 50 e il 67% di limitare il riscaldamento a 1,5°C.

 

Quale futuro?

In conclusione, i report citati illustrano le potenzialità delle rinnovabili disegnando scenari di transizione incoraggianti, ma concludono affermando che rispetto alle indicazioni della scienza la realizzazione di tali scenari non basterà a scongiurare la catastrofe climatica. Per agire efficacemente contro i cambiamenti climatici serve contemporaneamente una seria assunzione di responsabilità di governi ed imprese, che vada nel senso di disinvestire dalle fonti fossili da subito iniziando – senza attendere oltre – a ridurre l’immissione di CO2 in atmosfera.

Passare alle energie rinnovabili non significa smettere di utilizzare i combustibili fossili dall’oggi al domani: i governi e le compagnie dovrebbero condurre un declino controllato dell’industria fossile e assicurare una transizione giusta per i lavoratori e le comunità coinvolte.

In questo senso anche il report di Oil Change International, che postula con chiarezza che al fine di raggiungere gli obiettivi climatici non si dovrebbero più costruire né infrastrutture per l’estrazione, né infrastrutture per il trasporto di combustibili fossili. I governi non dovrebbero emettere alcun nuovo permesso estrattivo e alcune miniere, soprattutto nei paesi più ricchi, dovrebbero essere chiuse prima che siano sfruttati per intero i giacimenti che contengono. Inoltre un supporto finanziario per lo sviluppo di energie rinnovabili dovrebbe essere assicurato ai paesi più poveri.

Infine, secondo il report The Truth about climate change c’è ancora tempo per rallentare la corsa verso il raggiungimento dei 2°C nelle prossime decadi: a meno che non si raggiungano con anticipo le ratifiche necessarie, mancano ancora più di tre anni prima dell’entrata in vigore , fissata al 2020, degli INDC (15) previsti dall’Accordo di Parigi sul contrasto ai cambiamenti climatici. Nel 2018 l’IPCC pubblicherà il report sui 1,5°C, e anche se è probabile che il target sia già oltrepassato, il 2018 sarà anche l’anno in cui i paesi dovranno rivedere gli impegni inseriti nei singoli INDC in termini di riduzioni di gas ad effetto serra. Da qui al 2018 c’è tempo a sufficienza per innalzare le ambizioni dei singoli paesi e per adottare policies necessarie alla loro messa in pratica effettiva.

 

Estratto dal Capitolo I del dossier L’Italia vista da Parigi

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NOTE

(1) Joe Romm, Almost everything you know about climate change is outdated, seminario al Wirth Chair Lunch, 6 settembre 2016 thinkprogress.org

(2) New Energy Outlook 2016, Bloomberg New Energy Finance,2016  www.bloomberg.com

(3) Medium-Term Renewable Market Report, International Energy Agency, 2016 www.iea.org

(4) Terawattora (equivale a 1.000.000.000.000 Wh).

(5) Nell’Accordo di Parigi è previsto che i paesi economicamente più sviluppati mettano a disposizione dei paesi in via di sviluppo 100 miliardi di dollari americani all’anno a partire dal 2020, il cosiddetto Fondo Verde per il Clima per azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.

(6) The Low Carbon Economy, Goldman Sachs, 2015. www.goldmansachs.com

(7) Nella tecnologia LED (Light-Emitting Diodes) la generazione della luce è ottenuta mediante semi-conduttori anziché utilizzando un filamento o un gas. L’illuminazione LED è più efficiente dal punto di vista energetico, ha una durata di vita maggiore ed è più sostenibile.

(8) Il concetto di stranded assets o risorse bloccate si riferisce alle riserve di combustibili fossili (soprattutto petrolio) che potrebbero diventare inutilizzabili se venissero approvate normative per frenare le emissioni di anidride carbonica, come ad esempio la tassa sul carbone. Il concetto è stato introdotto da nel rapporto del 2013 Unburnable Carbon prodotto dalla Carbon Tracker Initiative.

(9) Come è avvenuto ad esempio con gli incentivi per il solare fotovoltaico in Italia. Vedere capitolo 4 Italia di questo libro.

(10) MARC JACOBSON et al. 100% Clean and Renewable Wind, Water, and Sunlight (WWS) All-sector Energy Roadmaps for 139 Countries of the World, 24 ottobre 2016 web.stanford.edu

(11) Sul sito della piattaforma The Solution Project è possibile accedere a visualizzazioni grafiche dei fogli di rotta elaborati dal gruppo di ricerca di Marc Jacobson. Dal sito della piattaforma è inoltre possibile navigare verso il sito dell’Università di Stanford e avere accesso ai dati e ai metodi utilizzati per creare i fogli di rotta verso lo scenario energetico 100% rinnovabile VAS ed efficiente all’orizzonte 2050. thesolutionsproject.org

(12)Le tre percentuali sommate equivalgono al 42,5% di risparmio energetico stimato.

(13) Mark Z. Jacobson, Mark A. Delucchi, Guillaume Bazouin, Zack A. F. Bauer, Christa C. Heavey, Emma Fisher, Sean B. Morris, Diniana J. Y. Piekutowski, Taylor A. Vencilla, Tim W. Yeskooa, 100% clean and renewable wind, water, and sunlight (WWS) all-sector energy roadmaps for the 50 United States, Energy & Environmental Science, 2015, DOI: 10.1039/ c5ee01283j.

(14) La tematica dell’uso e del cambiamento di uso dei suoli è affrontata dall’UNFCCC nell’ambito del LULUCF (Land Use, Land-Use Change and Forestry) ovvero “un inventario dei gas ad effetto serra che considera le emissioni e il sequestro di gas risultanti da attività umane che impattano direttamente i suoli, l’uso dei suoli, il cambiamento dell’uso dei suoli e i cambiamenti nelle attività forestali.” Il LULUCF contribuisce al ciclo del carbonio, e per questo motivo tutte le attività LULUCF, che aggiungono o rimuovono CO2 (o più in generale carbonio) nell’atmosfera influenzano gli equilibri climatici unfccc.int/essential_background/glossary/items/3666.php#L.

(15) Gli Intended Nationally Determined Contributions (INDC) sono gli impegni che i singoli paesi hanno assunto e che entreranno in vigore a partire dal 2020 per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e mitigare il cambiamento climatico. Gli Stati hanno consegnato i loro INDC all’UNCCCF (la Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico) prima della sigla dell’Accordo di Parigi. È la somma di queste azioni che determinerà se il mondo sarà in grado o meno di raggiungere gli obiettivi di lungo termine dell’Accordo di Parigi: mantenere l’incremento di temperatura entro 2°C, fare gli sforzi necessari per limitare l’incremento entro 1,5°C, arrivare a emissioni zero entro fine secolo.