Il decreto del governo pericoloso per l’ambiente: 90 progetti a rischio

[di Paola Pintus su T-NewsScontro Stato-Regioni sulla bozza governativa di semplificazione della Via (Valutazione impatto ambientale) per le grandi opere.

La proposta di decreto governativo che modifica la procedura di V.i.a. sulle grandi opere in recepimento della Direttiva 2014/52/UE  stravolge la disciplina sulla valutazione di impatto ambientale e i principi del Testo unico sull’Ambiente, pregiudica la partecipazione dei cittadini e delle associazioni, erode la potestà ‘concorrente’ delle regioni, accentra le decisioni in tema di ambiente in capo allo Stato ignorando di fatto gli esiti del referendum costituzionale del 4 dicembre. Sarebbero queste in sostanza, le obiezioni che le Regioni si apprestano a fare alla prossima riunione della Commissione Ambiente in Conferenza-Stato Regioni, il prossimo 19 aprile.

Ufficialmente si tratta di semplici “proposte di modifica” allo schema di decreto 401 “concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati”. Ma a far capire quale sia la portata reale della dialettica in corso ci pensa un durissimo comunicato della Regione Abruzzo, che al termine della riunione tecnica svolltasi l’11 aprile riporta le dichiarazioni del Sottosegretario alla presidenza della Giunta Regionale Mario Mazzocca: “Il decreto recentemente approvato dal Consiglio dei ministri – ha detto Mazzocca – va a modificare radicalmente la disciplina sulla valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Con tale atto il Governo, nell’intento di efficientare le procedure correggendo le criticità riscontrate da amministrazioni e imprese, di fatto avoca a sè una serie di funzioni delegate alle Regioni, svuotando al contempo, nella forma e nella sostanza, il processo partecipativo dei territori e delle comunità locali. Una situazione non accettabile e che è generata, più che dal necessario recepimento di una direttiva comunitaria, dalla perseveranza nell’ignorare gli esiti della consultazione referendaria del dicembre scorso, nel costante tentativo di erodere progressivamente i margini di potestà legislativa in materia ‘concorrente’ di competenza delle regioni in base all’ancora ‘vigente’ articolo 117 della Carta Costituzionale”.

Potenziale discrezionalità del Ministero dell’ambiente. Molte categorie di opere diventano di competenza statale

Fra i punti più spinosi all’attenzione delle Regioni c’è il fatto che diverse categorie di progetti energetici, infrastrutturali, impiantistici passano dalla competenza regionale a quella nazionale, con un’evidente sottrazione all’influenza delle comunità che più facilmente fanno sentire la propria voce con le istituzioni locali.

Inoltre il ministero dell’Ambiente potrà, in casi eccezionali, e previo parere del ministro dei Beni culturali, esentare in tutto o in parte la realizzazione di un progetto dalla valutazione di impatto ambientale, qualora l’applicazione della procedura di VIA incida negativamente sulla finalità dello stesso progetto, a condizione che siano genericamente “rispettati gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in materia di valutazione di impatto ambientale”. In questo modo si accorda al Ministro dell’ambiente un potere pressoché discrezionale, che si riassume nel far prevalere le ragioni delle finalità dei progetti da realizzare sulle ragioni della tutela ambientale. Eccezionale, infatti, sarà quel caso che il Ministro riterrà essere tale. Vero è che questa possibilità è contemplata dalla direttiva europea che il Governo sta attuando con il suo decreto; ma si tratta appunto di una facoltà e non di un obbligo.

L’allarme degli ambientalisti: 90 categorie di progetti a rischio

L’allarme sulla bozza di decreto era stato lanciato qualche settimana fa da una rete di associazioni e comitati in tutta Italia, che ha stilato un dettagliato dossier sui pericoli nascosti fra le pieghe del provvedimento, compresi quelli sopraelencati.

Ma non basta: se passa questo decreto- sottolineano gli ambientalisti- enti locali e cittadini perderanno del tutto la possibilità di intervenire in fase di valutazione su ben 90 categorie progettuali (vedi link elenco), dagli impianti estrattivi a quelli dei rifiuti, passando per una moltitudine di altre tipologie di opere.

Ad esempio: l’airgun, una tecnica di bombardamento ad aria compressa usata nei fondali marini per l’ispezione geosismica, che danneggia la fauna ittica ed in particolare i cetacei. Le deflagrazioni raggiungono intensità sonore fino a 260 decibel, provocando la morte immediata dei piccoli pesci e delle tartarughe marine. Delfini, balene, capodogli e stenelle riportano danni all’udito, fino alla sordità. I cetacei perdono l’orientamento e in 90 per cento dei casi finiscono spiaggiati. Gli altri, spaventati, abbandonano il loro habitat naturale, con conseguenze comunque molto pesanti per l’ecosistema. Se passa questo decreto, spiegano gli ambientalisti, ricerche di questo tipo potranno essere autorizzate in tempi ridotti e sulla base di procedure semplificate, praticamente senza possibilità di contraddittorio da parte di cittadini, associazioni o enti locali. Sarà molto più complicato, ad esempio, riuscire a fermare un progetto come quello della società Schlumberger, che, localizzato in piena zona di protezione ecologica sopra la Sardegna occidentale minacciava direttamente il Santuario dei Cetacei.

Decisioni sui progetti petroliferi e la prospezione con airgun senza confronto

Attualmente il Testo Unico dell’Ambiente D.lgs.152/2006 prevede che tutte le attività di prospezione e di ricerca petrolifera siano sottoposte direttamente a Valutazione di Impatto Ambientale, dalla prospezione in mare con la tecnica dell’airgun fino alla coltivazione dei giacimenti, passando per lo scavo dei pozzi, con una fase pubblica di 60 giorni per cittadini ed enti locali per depositare osservazioni. In Italia, era passata infatti la linea più conservativa e rigorosa rispetto alle opzioni consentite dalle direttive comunitarie, che esentavano le ricerche petrolifere dalla Via completa ma con la facoltà per lo Stato membro di decidere se accedere direttamente alla procedura o effettuare prima una verifica di assoggettabilità a V.I.A. (screening) sulla base delle condizioni specifiche del proprio territorio e anche della sensibilità della popolazione sugli specifici temi.   “Ora il Governo, modificando gli allegati del Testo Unico dell’Ambiente, sceglie di abbassare le tutele invece di confermarle o aumentarle scegliendo per decine di progetti di fare prima lo screening, togliendo pure il contraddittorio con cittadini, associazioni ed enti locali”, denuncia il dossier degli ambientalisti. “Tutte le prospezioni, sia con airgun in mare sia con esplosivi, e i progetti petroliferi di coltivazione di giacimenti con produzione fino a 182.500 tonnellate di petrolio o 182 milioni di Mc di gas annua, cioè praticamente la gran parte di quelli del paese, invece di fare la V.I.A. come avviene oggi potranno partire con il semplice screening, con l’aggravante che non vi è la fase di partecipazione. Solo eventuali nuovi pozzi dovranno fare la V.I.A. diretta”.

Cittadini ed Enti Locali estromessi dalla fase pubblica della Verifica di Assoggettabilità

Non solo. La Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. (V.A.), ovvero la fase che precede in alcuni casi la procedura di Valutazione di impatto ambientale, viene fortemente ridimensionata. Infatti “è stata eliminata completamente la fase di partecipazione per icittadini ed enti locali, che avevano 45 giorni per presentare le osservazioni”. Avverrà solo la pubblicazione sul Web dello scarno documento di studio preliminare ambientale da parte del proponente. Da quel momento-denuncia il dossier- la decisione del Ministero dell’Ambiente potrà avvenire anche entro un’ora senza che nessun cittadino o ente locale possa avere anche solo il tempo per accorgersi del deposito del progetto. “A quel punto rimarrebbe solo il T.A.R., peraltro sempre con la possibilità di vedere proseguire i cantieri anche in caso di vittoria davanti al tribunale”, dicono gli ambientalisti.

Un altro passaggio molto discusso del decreto prevede infatti di poter accedere in qualsiasi momento e per qualsiasi tipologia di opera alla V.I.A. “in sanatoria”, anche “postuma”, cioè ad opera realizzata. Addirittura si prevede la possibilità di continuare i lavori anche se “scoperti” a realizzare un progetto (una cava, un gasdotto ecc.) senza V.I.A. oppure quando il parere, se esistente, è stato sospeso o annullato dal Tribunale Amministrativo Regionale o in auto-tutela dall’ente che lo ha rilasciato.

(Pubblicato il 12/04/2017)