Le aree interne come sfida alla metropolitanità dominante

1[di Giovanni Carrosio su ecologiapolitica.org] Da circa tre anni, in Italia, è attiva una politica pubblica nazionale – la Strategia Nazionale Aree Interne – che vuole combattere lo spopolamento delle aree periferiche del nostro paese e affermare un modo di fare politiche pubbliche che non sia cieco rispetto alla straordinaria varietà di situazioni territoriali che lo caratterizzano. Essa rappresenta anche una battaglia culturale, una sfida alla metropolitanità dominante e ai feticci della modernità novecentesca, nel nome di uno sviluppo più equo socialmente e territorialmente.

Tra i meriti di questa politica, infatti, vi è quello di avere rimesso in moto il dibattito sullo sviluppo nel nostro paese, partendo non più dai grandi centri urbani e industriali ma dalle aree periferiche, quelle che negli ultimi cinquanta anni hanno subìto un processo di spopolamento, depauperamento e marginalizzazione dai sistemi economici e di potere nazionali. Questa ricalibratura territoriale delle politiche ha evidentemente molti nemici, che si trovano sia dentro le aree interne (i rentier del sottosviluppo), sia al di fuori di esse (coloro che predicano di processi economici naturali che vanno verso la concentrazione territoriale dello sviluppo). Scardinare questa doppia e vicendevole narrazione, quella dei rentier che hanno costruito posizioni di rendita proprio sulla marginalizzazione e quella che promuove una alleanza globale metropolitana, dove le città sono gli unici nodi della rete di accumulazione globale del capitale (Harvey, 2010), non è affatto semplice.

Bisogna armarsi di solida teoria e di determinata prassi. In questo contributo si vuole contribuire all’armamentario teorico delle aree interne mettendo in luce come, in questa fase storica, esse rappresentano dei potenziali motori di cambiamento dai quali fare ripartire il moto dello sviluppo, che oggi appare congelato in una stasi frenetica, caratterizzata da un irrigidimento culturale e strutturale della società a fronte di una inedita accelerazione sociale. Dotate di una propria alternativa struttura del tempo, le aree interne alimentano un paradosso: sono luoghi di decelerazione, periferalizzati dal dominio metropolitano, che si mostrano come spazi fisici, sociali, produttivi in movimento e non assoggettabili ai nuovi meccanismi dell’alienazione. Spazi di decelerazione per ridare fiato alla democrazia, rimettere in moto una critica dell’economia politica, costruire relazioni umane nuove e rapporti di produzione differenti. Spazi dai quali fare ripartire il moto del cambiamento … Continua a leggere su ecologiapolitica.org