Moratoria bluff De Filippo: il tar “sblocca” il permesso idrocarburi Palazzo San Gervasio

[di olambientalista.it]Questa volta, i giudici amministrativi del Tar Basilicata, con sentenza n. 325 del 25/6/2015 (vedi allegato), annullano, su istanza della Aleanna Resources LLC, la delibera di giunta 682 del 7 giugno 2013, con la quale la Regione Basilicata ha negato l’intesa al Ministero dello Sviluppo economico sul rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi.

Tale sentenza del TAR Basilicata (la seconda dopo l’istanza Masseria La Rocca) rischia di causare effetti nefasti “a cascata” anche sugli altri 4 dinieghi di Intesa regionali “Frusci (ENI – DGR n.1104/2012), Satriano di Lucania (ENI-DGR n.1249/2012), Anzi (ENI – DGR 1250/2012) Grotte del Salice (Shell – DGR n.1088/2012)”.

Dopo l’istanza di permesso idrocarburi “Masseria La Rocca” della Total-Eni -Rockhopper (che fine ha fatto in proposito il ricorso annunciato al Consiglio di Stato dall’assessore regionale all’Ambiente, Aldo Berlinguer?), l’effetto “domino” della cosiddetta “moratoria bluff” dell’ex governo regionale De Filippo, potrebbe fa cadere dunque anche altri “dinieghi” regionali per le 4 intese.

La Ola chiede alla giunta regionale e all’assessore all’ambiente, Aldo Berlinguer, di fare ricorso al Consiglio di Stato e, soprattutto, chiede quali iniziative intendano intraprendere per difendere l’intero territorio regionale dall’assalto delle trivelle.

Alle comunità ed alle amministrazioni del Vulture – Alto Bradano e quelle lucane, non resta altro che una nuova mobilitazione civile e pacifica, in difesa dei diritti e della difesa e salvaguardia del territorio della Basilicata oggi a rischio, grazie alle accondiscendenze nei confronti delle compagnie minerarie da parte delle istituzioni regionali e nazionali.

Nella sentenza del TAR Basilicata si riassumono le varie situazioni amministrative e si “ripristinano”i diritti della compagnia mineraria.

“Con domanda del 29.3.2006 la società statunitense AleAnna Resources LLC aveva chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico il rilascio del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, denominato “Palazzo San Gervasio”, su un’area di 469,90 Kmq., comprendente 13 Comuni della Provincia di Potenza (precisamente Acerenza, Banzi, Barile, Forenza, Genzano di Lucania, Ginestra, Maschito, Montemilone, Oppido Lucano, Palazzo San Gervasio, Rapolla, Ripacandida e Venosa) e 2 Comuni della Provincia di Bari (cioè Minervino Murge e Spinazzola).
Con Determinazione n. 276 del 9.3.2011 il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione Basilicata esentava, ai sensi dell’art. 15, comma 1, L.R. n. 47/1998, dal procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale il predetto permesso di ricerca.
Con atti prot. n. 4081 del 16.6.2011 e n. 7724 del 14.6.2011 anche la Soprintendenza per i Beni Paesaggistici della Basilicata esprimeva parere favorevole alla suddetta attività di ricerca petrolifera, escludendo soltanto le aree sottoposte ai vincoli.

Ma con Del. G.R. n. 682 del 7.6.2013 (inviata con nota prot. n. 103402 del 14.6.2013, ricevuta il 24.6.2013) la Regione non rilasciava l’intesa ex art. 29, comma 2, lett. l), D.Lg.vo n. 112/1998, in conformità all’Accordo sancito nellaConferenza Stato-Regioni del 24.4.2001, la società istante ha proposto il presente ricorso (notificato il 2/3.10.2013), deducendo:

• 1) la violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990, in quanto l’impugnata Delibera non indicava sia i presupposti di fatto e di diritto, sia il termine e l’Autorità a cui era possibile ricorrere;
• 2) la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/1990, in quanto non era stata preceduta dal preavviso di rigetto;
• 3) con riferimento al primo motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, la violazione dell’art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione e/o l’incompetenza, in quanto la tutela dei beni culturali e dell’ambiente è di competenza esclusiva dello Stato, e l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti, illogicità e manifesta contraddittorietà, tenuto conto delle suddette diverse valutazioni espresse dal Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata e dal Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della stessa Regione Basilicata;
• 4) con riferimento al secondo motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti ed illogicità, in quanto i permessi di ricerca autorizzati (che scadono tutti il 31.10.2016) e le concessioni di coltivazione rilasciate (che scadono tutte il 31.7.2013) riguardano rispettivamente il 5,34% ed il 16,98% della superficie della Regione Basilicata e non è stato tenuto conto della normativa in materia di titoli minerari e della prassi petrolifera in tema di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi;
• 5) con riferimento al terzo motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, la violazione dell’art. 15 L.R. n. 47/1998 e/o l’incompetenza, nonché l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti, illogicità e manifesta contraddittorietà, in quanto nel procedimento di verifica (cd. screening), finalizzato a determinare se il progetto debba o meno essere sottoposto a VIA, il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale aveva accertato sia la conformità ai vigenti strumenti di pianificazione e programmazione, sia la compatibilità con la salvaguardia dell’ambiente;
• 6) con riferimento al quarto motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti ed illogicità, sia perché il Piano Energetico Regionale non prevedeva la progressiva riduzione di utilizzo di risorse fossili, sia perché con la riduzione della produzione di idrocarburi la Regione avrebbe rinunciato alla consistente fonte di entrata fiscale ex art. 20 D.Lg.vo n. 625/1996, derivante dal valore del 7% della quantità di produzione annuale di idrocarburi liquidi e gassosi;
• 7) con riferimento al quinto motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti ed illogicità, in quanto le osservazioni degli Enti Locali, dei comitati di cittadini e delle associazioni ecologiste e dei viticultori erano già state esaminate dal Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale nell’ambito del procedimento di verifica (cd. screening) ed avevano determinato la determinazione di una serie di limitazioni, che erano state puntualmente indicate nella citata Determinazione n. 276 del 9.3.2011;
• 8) con riferimento al sesto motivo indicato nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, l’eccesso di potere per travisamento, erronea valutazione dei fatti ed illogicità, in quanto erano state completamente ignorate le valutazioni, effettuate dal Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale con la predetta Determinazione n. 276 del 9.3.2011;
• 9) l’eccesso di potere per sviamento, in quanto il provvedimento impugnato era stato emanato due giorni dopo che la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 117 del 5.6.2013 aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 37 L.R. n. 16/2012, con il quale la Regione aveva statuito che dall’8.8.2013 non avrebbe più rilasciato l’intesa per il conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.

I giudici del TAR Basilicata “ in via preliminare, deve essere dichiarata l’ammissibilità del ricorso, in quanto l’impugnata delibera di G.R. n. 682 del 7.6.2013 costituisce un provvedimento immediatamente lesivo, poiché, anche per le motivazioni in essa contenute, comporta un arresto procedimentale.

Sul punto, va specificato che l’intesa ex art. 29, comma 2, lett. l), D.Lg.vo n. 112/1998, disciplinata dall’art. 5 dell’Accordo sancito nella Conferenza Stato-Regioni del 24.4.2001, è un’intesa di tipo “forte” e/o a “struttura necessariamente bilaterale”, in quanto il dissenso della Regione non può essere superato dallo Stato in modo unilaterale, ma risultano necessarie ulteriori trattative o altri strumenti di mediazione come la designazione di commissioni paritetiche o di soggetti terzi.

Ed invero la Corte Costituzionale con Sentenza n. 239 dell’11.10.2013 ha interpretato l’art. 1, comma 8 bis, L. n. 239/2004, aggiunto dall’art. 38, comma 1, L. n. 134/2012, nel senso che la decisione della Presidenza del Consiglio dei Ministri “con la partecipazione della Regione interessata” può essere assunta soltanto nel caso di comportamento inerte da parte della Regione interessata per un tempo di 150 giorni dalla richiesta dell’assenso e/o dell’intesa in materia di determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di ulteriori 30 giorni decorrenti dal successivo invito del Ministero dello Sviluppo Economico, ma non anche nel caso, come nella specie, in cui la Regione esprima formalmente il proprio dissenso.

Invece, solo recentemente l’art. 1, comma 554, della Legge di Stabilità n. 190/2014, entrato in vigore l’1.1.2015, ha stabilito che il mancato raggiungimento dell’intesa con la Conferenza Unificata sulla predisposizione del Piano delle aree in cui sono consentite le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi può essere superato con le modalità del suddetto art. 1, comma 8 bis, L. n. 239/2004.

Nel merito, il ricorso va accolto. Infatti, risultano fondate le censure di eccesso di potere per illogicità e manifesta contraddittorietà.
Nella specie, per quanto riguarda la tutela dei beni culturali, va sottolineato che il richiesto permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi, denominato “Palazzo San Gervasio”, oggetto della controversia in esame, era stato valutato positivamente con atto prot. n. 8054 del 26.5.2010 dal Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata, previa formale accettazione da parte della ricorrente dell’impegno “a farsi carico degli oneri relativi ad eventuali indagini archeologiche preliminari e/o estensive che dovessero essere ritenute necessarie” dalla Soprintendenza.

Inoltre, va rilevato che con la Determinazione n. 276 del 9.3.2011 il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione aveva escluso che le attività di ricerca petrolifere potessero essere effettuate nelle aree sottoposte a vincolo archeologico fino ad una fascia esterna di 500 m..

Pertanto, con tali prescrizioni deve ritenersi che i beni archeologici siano stati ampiamente tutelati.
Con riferimento alla tutela dei terreni, destinati alla produzione vinicola (tra cui quelle di pregio DOC Aglianico del Vulture), va evidenziato che la predetta Determinazione n. 276 del 9.3.2011 aveva espressamente escluso dalle attività di ricerca le aree agricole interessate dalla coltivazione di vigneti.

Perciò, deve ritenersi che l’attività economica di produzione del vino non corre alcun rischio immediato con l’esecuzione delle ricerche petrolifere in questione.

In relazione alla tutela delle aree di pregio ambientale-naturalistico, va rilevato che con atti prot. n. 4081 del 16.6.2011 e prot. n. 7724 del 14.6.2011 la Soprintendenza per i Beni Paesaggistici della Basilicata aveva espresso parere favorevole, escludendo soltanto le aree sottoposte ai vincoli ex art. 142, comma 1, lett. c) e h), D.Lg.vo n. 42/2004, cioè i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua e le relative sponde o i piedi degli argini per una fascia di 150 m. ciascuna ed i terreni gravati da usi civici.

Inoltre, con la citata Determinazione n. 276 del 9.3.2011 il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale dell’Amministrazione resistente aveva imposto che le attività di ricerca petrolifere non potevano essere eseguite nelle aree naturali protette fino ad una fascia esterna di 1 km., nelle aree fluviali fino ad una fascia esterna di 500 m. ed anche nelle aree individuate dai vigenti Piani Stralcio dell’Autorità di Bacino a rischio idrogeologico molto elevato ed a rischio di inondazione per l’attività di ricerca e tutte le aree a rischio idrogeologico ed a rischio di inondazione per l’eventuale realizzazione di pozzi esplorativi.

Tali prescrizioni garantiscono una tutela effettiva delle aree di pregio ambientale-naturalistico ed anche di quelle a rischio idrogeologico ed a rischio di inondazione.

Nè può ritenersi che le attività di ricerca in questione danneggino i Centri storici e quelli a vocazione turistica, in quanto con la predetta Determinazione n. 276 del 9.3.2011 sono stati esclusi i centri urbani fino ad un raggio esterno di 500 m., prevedendo anche la distanza minima di 200 m. dalle case, per l’attività di ricerca e fino ad un raggio esterno di 2 Km. per l’eventuale realizzazione di pozzi esplorativi.

Va pure evidenziato che le modalità esecutive della ricerca di idrocarburi programmate, condotte secondo tecnologie all’avanguardia e senza l’impiego di esplosivi e solo con l’utilizzo di sensori (geofoni), non comportano alcun danno alle falde acquifere.

La società ricorrente ha dimostrato che i permessi di ricerca autorizzati scadevano tutti il 31.10.2016 e riguardavano solo il 5,34% del territorio regionale ed anche che le concessioni di coltivazione rilasciate scadevano tutte il 31.7.2023 ed interessavano il 16,98% della superficie della Regione Basilicata.

Pertanto, non corrisponde al vero quanto affermato nel provvedimento impugnato, cioè che i titoli minerari e di permessi di ricerca già rilasciati “occupavano più della metà del territorio regionale”.

Sul punto, va pure rilevato che la controversia in esame attiene per il momento alla fase dei rilievi geologici e geofisici, che viene eseguita per alcune settimane su poche migliaia di mq. per volta.

Pertanto, solo se i risultati di queste indagini risultano positivi e si presuppone l’esistenza di idrocarburi, si accede alla fase eventuale della perforazione del pozzo petrolifero, la quale comunque interessa una piccola porzione di territorio.
Dunque, il consumo di suolo, paventato dalla Giunta Regionale, non determina un impatto significativo.

Né sussiste la preoccupazione della Giunta Regionale, secondo cui l’attività di ricerca in commento avrebbe creato vincoli e/o condizionamenti alla programmazione ed al governo del territorio, attesochè con la suddetta Determinazione n. 276 del 9.3.2011 il Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale aveva attestato la conformità del progetto ai vigenti strumenti di pianificazione e programmazione.

Inoltre, pur prescindendo dalla circostanza che il Piano Energetico Regionale non prevede la progressiva riduzione di utilizzo di risorse fossili, non risulta logica la scelta del Legislatore regionale con l’art. 37 L.R. n. 16/2012 (dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 117 del 5.6.2013), di non voler più autorizzare nuove ricerche e/o coltivazioni di idrocarburi liquidi e gassosi, atteso che in tale modo la Regione Basilicata rinuncia alla consistente fonte di entrata fiscale ex art. 20 D.Lg.vo n. 625/1996, derivante dal valore del 7% della quantità di produzione annuale di idrocarburi liquidi e gassosi.

Va pure sottolineato che le osservazioni degli Enti Locali, dei comitati di cittadini e delle associazioni ecologiste e dei viticultori erano già state esaminate dal Dirigente dell’Ufficio Compatibilità Ambientale nell’ambito del procedimento di verifica di assoggettabilità alla VIA (cd. screening) ed avevano determinato l’imposizione delle suindicate prescrizioni, indicate nella citata Determinazione n. 276 del 9.3.2011.

In relazione a quanto precede il ricorso in esame va accolto e per l’effetto va annullata l’impugnata Del. G.R. n. 682 del 7.6.2013, restando assorbita ogni ulteriore censura dedotta.

Ai sensi degli artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. la Regione Basilicata va condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate in dispositivo, mentre sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio nei confronti del Ministero dello Sviluppo Economico.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata accoglie il ricorso in epigrafe”.

 

Pubblicato il 27 giugno 2015 su olambientalista.it