Osservatorio Eni
Un osservatorio permanente monitorerà le attività di esplorazione, estrazione e trasformazione delle fonti fossili. Esaminerà anche la responsabilità sociale di impresa di Eni. Studierà gli impatti sociali e ambientali generati. Valuterà le reazioni delle istituzioni e della società civile, sia in Italia che nel mondo.
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Osservatorio Eni è la campagna permanente di A Sud e del CDCA per monitorare le attività di Eni. Attraverso ricerca, reporting e azionariato critico, lavoriamo per denunciare gli impatti di Eni su ambiente, clima e diritti umani. Facciamo informazione e lobbying per indurre Eni a cambiare le sue politiche aziendali.
SU COSA LAVORA OSSERVATORIO ENI
Eni è l’azienda fossile più grande d’Italia e una delle maggiori compagnie energetiche a livello globale. Opera in oltre 60 paesi, non solo con un impatto emissivo enorme a livello globale ma anche un impatto ambientale, sociale e culturale nei territori in cui lavora.
LE RESPONSABILITÀ CLIMATICHE
Il core business di Eni riguarda principalmente lo sfruttamento di idrocarburi, soprattutto petrolio e gas. Le emissioni prodotte sono nell’ordine di decine di milioni di tonnellate di CO?. Se consideriamo anche le emissioni indirette, dovute all’impiego dei prodotti di Eni, i livelli salgono a centinaia di milioni di tonnellate. Questi livelli sono superiori a quelli dell’intera Italia.
Eni è dunque la principale responsabile della crisi climatica a livello nazionale e uno dei soggetti con maggiori responsabilità climatiche a livello globale.
CARBON MAJOR DATABASE: IL RUOLO DELLE SOCIETÀ FOSSILI
Secondo il Carbon Major Database, l’80% delle emissioni globali di CO? di origine fossile dal 2016 è attribuibile a 57 società. Queste società sfruttano combustibili fossili. Inoltre, tra le 122 compagnie che emettono più gas clima-alteranti, il 65% delle entità statali e il 55% delle aziende private hanno aumentato la produzione. Eni è inclusa nella classifica. Si posiziona al 33° posto nella classifica generale e al 9° tra le compagnie private che hanno prodotto più gas serra dal 2016.
TRANSIZIONE ENERGETICA: PAROLE VS. FATTI
Nonostante gli sforzi dichiarati verso la transizione energetica, come investimenti in energie rinnovabili, Eni punta ancora sui combustibili fossili. La compagnia contribuisce in maniera significativa alle emissioni di gas serra. Le operazioni di Eni sono spesso in paesi in via di sviluppo. Queste operazioni hanno forti impatti sul territorio e sui diritti delle comunità locali.
IL COLONIALISMO ENERGETICO
Lo scoppio della guerra in Ucraina ha svelato con più chiarezza che mai l’influenza che Eni esercita sulle politiche energetiche nazionali , inaugurando una nuova fase di colonialismo energetico, sia in Italia che all’estero. Nonostante gli annunci di decarbonizzazione, gli impegni di sostenibilità e i progetti di transizione energetica, i piani dell’azienda non prevedono nessun cambio di rotta: il cane a sei zampe continua a basare il proprio business sullo sfruttamento delle fonti fossili. Sull’onda dell’emergenza energetica, la multinazionale ha spinto per sostituire il gas russo con cui si riforniva da anni, basando il proprio approvvigionamento principalmente sul gas naturale e cominciando a espandere le proprie alleanze con Paesi altrettanto autoritari come Algeria e Qatar.
PIANO MATTEI PER L’AFRICA
Eni è protagonista indiscussa del cosiddetto Piano Mattei per l’Africa: un ambizioso quanto fumoso progetto che, al netto di ogni considerazione, è difficile non considerare un nuovo strumento di colonialismo e sfruttamento imposto a un continente da sempre piegato agli interessi dei paesi europei.
LE POLITICHE ENERGETICHE NAZIONALI
Pur comportandosi come una multinazionale energetica quotata in borsa, Eni è partecipata dallo Stato, che detiene la maggioranza relativa delle azioni. Invece di essere influenzata da politiche nazionali per la decarbonizzazione, Eni condiziona le politiche energetiche nazionali.
Questo crea un circolo vizioso impossibile da interrompere. Nonostante la crisi climatica e gli allarmi della comunità scientifica, l’azienda continua ad aumentare anno dopo anno la quantità di idrocarburi estratti. Sta sviluppando nuovi progetti di perforazione per sfruttare idrocarburi, sia all’estero che in Italia. Dalla Val d’Agri in Basilicata a Taranto e Gela in Sicilia, diverse zone subiscono l’impatto disastroso del cane a sei zampe.
IL GREENWASHING
Se non bastasse, a questa realtà a tinte fosche corrisponde un racconto aziendale pericolosamente edulcorato. Non è un caso se il colore del marketing targato Eni è sempre più verde.
Così, il Cane a sei zampe racconta di essere una realtà responsabile in ambito ambientale e climatico e di lavorare per la transizione mentre le sue trivelle continuano ad estrarre petrolio e gas. Questa dissonanza tra realtà e rappresentazione della realtà ha un nome. Si chiama Greenwashing. L’Osservatorio Eni lavora per svelarne le trappole e denunciarne la scorrettezza.
Visita del rappresentante di ERA Nigeria in Val D’agri
COSA FACCIAMO
L’ Osservatorio Eni è attivo nel monitoraggio delle attività e nella denuncia degli impatti della carbon mayor di casa nostra
La decarbonizzazione secondo Eni – CCS
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Nel Factsheet 2023 del progetto Osservatorio Eni analizziamo le strategie di decarbonizzazione secondo Eni, la CCS e le false soluzioni alla crisi climatica
Entro il 2050, Eni prevede di affidarsi al gas come fonte energetica primaria. Il metano è uno dei principali responsabili della crisi climatica (fonte UNEP). Eni punta anche a progetti di CCS, cioè cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica. Entro il 2050, l’azienda prevede una capacità di stoccaggio di 50 milioni di tonnellate di CO? all’anno.
Per raggiungere questi obiettivi, Eni sviluppa un progetto di CCS a Ravenna, considerata hub energetico del Mediterraneo. Qui, insieme a Snam, Eni prevede di raggiungere una capacità di stoccaggio di 500 milioni di tonnellate di CO? entro il 2050. La CCS è una tecnologia imperfetta e solleva problematiche significative.
GreENIwashing: il greenwashing di Eni e altre storie
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Un report che ripercorre e racconta le condotte di greenwashing della principale multinazionale petrolifera italiana
Sessant’anni dopo la morte del fondatore Enrico Mattei, Eni ha visto nel 2022 un ritorno alle origini. La multinazionale del fossile è tornata a influenzare il governo, soprattutto con l’avvio della guerra in Ucraina.
Le “nuove” rotte del gas e la vicenda degli extraprofitti confermano che la transizione ecologica è influenzata dagli interessi dell’azienda fossile. Diventa fondamentale analizzare i tentativi di rendere verde il cane a sei zampe. Il giornalista ambientale Andrea Turco ha curato questo dossier per A Sud.
Il dossier raccoglie e amplia contributi pubblicati nelle più importanti testate ambientali.
Follow the green: la narrazione di Eni alla prova dei fatti
/ 2020
Se si dà un’occhiata, in un giorno qualsiasi, all’homepage del sito di Eni, quasi non c’è traccia di petrolio. I messaggi promozionali circa la sostenibilità ambientale di Eni inondano quasi tutte le testate nazionali. Ma cosa c’è oltre la patina degli annunci?
Il dossier “Follow the green – la narrazione di Eni alla prova dei fatti” risponde alla domanda sul greenwashing a sei zampe.
Focalizza i temi trattati nella pubblicazione: fonti fossili (capitolo 2), cambiamenti climatici (capitolo 3), economia circolare (capitolo 4), territori di Eni (capitolo 5) e il caso di Gela (capitolo 6).
Ogni tema è analizzato con una lente bifocale. Da una parte, la visione di Eni, attraverso interviste, pubblicità, podcast e video.
Dall’altra parte, la visione reale, con analisi di documenti Eni, studi di ONG, enti istituzionali, inchieste e studi scientifici.
Il paese a sei zampe
/ 2019
Il Paese a sei zampe: la questione energetica e il punto di vista dei territori: un report sulle politiche di Eni, tra dark economy e green washing.
Oggi si assiste a una nuova espansione della frontiera estrattiva, inclusa l’estrazione offshore. Ci sono anche progetti controversi di riconversione di vecchi impianti dell’industria fossile e chimica.
Il principale attore in Italia è Eni – Ente Nazionale Idrocarburi. Tra i casi emblematici di attività contaminante ci sono: la Val d’Agri, Taranto, Gela e l’estrazione offshore Ibleo a Licata.
Questi casi sono documentati nel nuovo dossier del CDCA. Nonostante le dichiarazioni delle istituzioni nazionali sui cambiamenti climatici e l’impegno dell’Italia per una azione di contrasto efficace, né nella SEN del 2017 né nella bozza del Piano Energia e Clima del 2018 ci sono misure ambiziose per la decarbonizzazione.
Speciale Ikebiri
/ 2018
Ikebiri contro Eni: il primo giudizio intentato in Italia da un ricorrente straniero contro una multinazionale italiana per una condotta commessa all’estero.
Nel 2018 si è aperto presso il Tribunale di Milano il processo civile intentato dalla comunità nigeriana Ikebiri contro Eni e la sua controllata nigeriana NAOC, Nigerian Agip Oil Company Limited. Oggetto della causa è la richiesta di risarcimento avanzata dalla comunità indigena contro Eni per il forte danno ambientale prodotto al loro territorio dalle attività estrattive della controllata locale NOAC.
I fatti contestati risalgono a otto anni fa: il 5 aprile del 2010 l’oleodotto della NAOC esplose a 250 metri dal fiume situato nell’area nord del territorio Ikebiri. La contaminazione prodotta dall’incidente ha messo da allora gravemente a rischio la sopravvivenza della popolazione locale, la cui sussistenza dipende principalmente dall’agricoltura e dalla pesca.
Di fronte alla difficoltà di ottenere giustizia presso le corti nigeriane, la comunità ha avviato, con il sostegno della ong internazionale Friends of the Earth – FoE, l’iter per la citazione in giudizio nel paese di provenienza della multinazionale, ovvero in Italia.
REPORTAGE
I territori in cui opera Eni, e le voci delle comunità locali raccontate attraverso il video reportage
GELA: CICATRICI AMBIENTALI E RESISTENZE TERRITORIALI
Video reportage, Giugno 2022 [Durata: 7?]
Gela è un osservatorio urbano privilegiato per comprendere in che modo le politiche energetiche a livello nazionale si traducono in conflitti e impatti sul territorio. Petrolio e gas hanno radicalmente cambiato la storia della città e sebbene l’arrivo di Eni sia datato fine anni ‘50 ad oggi il ruolo che il cane a sei zampe ha in città è ancora centrale: dai nuovi progetti industriali ai progetti culturali e sociali che la stessa impresa propone sul territorio per edulcorare gli impatti negativi. Ma Gela non è solo un territorio che vive in maniera passiva le conseguenze che questa industrializzazione senza sviluppo ha portato sul territorio. Realtà attive, associazioni e cittadini stanno immaginando nuove possibilità di rigenerare vivibilità, proponendo un’altra visione di città che parte dalla cura delle aree naturali e immagina e mette in campo nuovi scenari, anche dal punto di vista lavorativo.
Credits:
- Videomaker: Andrea Giannone
- Hanno partecipato: Andrea Turco (giornalista), Emilio Giudice (Riserva del Bivere), Manuel Zafarana (Geloi Wetland). Con la collaborazione di: Università di Catania, in particolare Elisa Privitera e a Alessandro Lutri
FOSSIL FREE SCHOOL IN VAL D’AGRI
Video reportage, Giugno 2022 [Durata: 5.30?]
In Val D’Agri è attivo da oltre venti anni il più grande polo estrattivo in terra ferma d’Europa. La Valle, con storica vocazione agricola e di turismo culturale ed eno gastronomico, è stata travolta dall’arrivo dell’industria pesante. Attraverso le attività nelle scuole, A Sud e l’Ossevatorio Eni hanno lavorato con docenti e studenti e studentesse sulla percezione del rischio e dell’impatto dell’attività petrolifera sul territorio.
Credits:
- Videomaker: Alessandro Bernardini
- Hanno partecipato: Marica Di Pierri e Maura Peca per A Sud, Isabella Abate per l’Osservatorio Popolare Val D’Agri
Tutti i video dell’Osservatorio Eni:
Informazioni e contatti
Info e contatti con l’Osservatorio Eni:
Osservatorio Eni è sostenuto dai fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese e dal Patagonia International Grants Program