Rifiuti tossici e processo Chernobyl: Biocidio e Somma Ingiustizia

Ecomafia-Processo-Chernobyl-696x464[di Gianmario Sabini per Libero Pensiero, 17 aprile 2018]

 

La regione Campania come Chernobyl. Il business immondo dello smaltimento illecito di rifiuti tossici investe tutte le province campane e anche parte della regione Puglia. Un giro d’affari che riguarda imprenditori, politici, autotrasportatori e agricoltori. Il totale dei profitti s’aggira intorno ai 60 milioni di euro. Il totale dei rifiuti interrati e dispersi nei territori campani, e riversati nelle acque fluviali ammonta a 980.000 tonnellate. Questi rifiuti tossici sono: scarti di tessuti vegetali, pietrisco, urine e letame di animali, fanghi derivanti da trattamenti di lavaggio, sbucciatura, centrifugazione, distillazione di bevande alcoliche, ceneri di carbone, imballaggi di carta e cartone, miscugli di cemento e ceramica, liquami di origine animale, scarti dall’eliminazione di sabbie, rifiuti di mercati e mense, reflui di acque urbane, reflui industriali, fanghi da fosse settiche di ospedali, abitazioni civili e persino di navi approdate al porto di Napoli. E poi, soprattutto, i fanghi tossici provenienti dal ciclo di lavorazione dei quattro impianti di depurazione campani. Infatti sono state individuate quattro direttrici lungo le quali avveniva l’attività di smaltimento illegale (Ecomafia).

La prima riguarda le province di Napoli e di Caserta, dove tutto ruota attorno alla società Naturambiente e all’impianto di depurazione Espeko di Cuma. La seconda direttrice riguarda la provincia di Salerno, e passa attraverso la Sorieco di Mercato San Severino ed è lì che avveniva la trasformazione dei fanghi dei quattro depuratori in compost. Tutto ciò attraverso laboratori di analisi corrotti che producevano falsi certificati F.I.R. (formulario di identificazione del rifiuto). I fanghi tossici che entravano nei silos di compostaggio si trasformavano, miracolosamente, in concime con tanto di nulla osta sanitario. Poi subentra la Frama di Ceppaloni.

Quella della provincia di Benevento è la terza direttrice. La società rileva e smaltisce (nei terreni e nei fiumi) i rifiuti della affiliata Sorieco. La quarta direttrice arriva fino alla provincia di Foggia, estensione dei territori inquinati sempre da Sorieco e Frama. Quindi nel sistema illegale di smaltimento di rifiuti venutosi a creare, le aziende erano al tempo stesso agenti e controllori. Avevano a disposizione gli impianti di compostaggio e trasportavano, sulla carta, il compost negli impianti di depurazione.

Queste scorie tossiche venivano riutilizzate e vendute agli agricoltori in quanto concime: in tali materiali di compostaggio fu rinvenuto cromo esavalente e molto altro. Un attentato alla salute, un disastro ecologico protratto da affaristi senza scrupoli e da contadini compiacenti e omertosi, disposti ad avvelenarsi in cambio di poche manciate di soldi.

La regione Campania è dal 1994 in stato d’emergenza rifiuti, questo fa sì che la gestione passi a un delegato del capo del governo con poteri speciali che dovrebbe mirare a riportare la situazione verso l’ordinario ma, in realtà, l’emergenza collima col profitto. La Campania è in ritardo nell’adozione di un nuovo piano per i rifiuti che non si basi sul ciclo, ormai obsoleto, di raccolta e sversamento. Il governo amplia i poteri dei commissari speciali e dà la possibilità, nei limiti del legittimo, che queste cariche possano essere ricoperte dai presidenti eletti delle Regioni.

L’emergenza permette di varare un piano con cui s’affida l’intero ciclo dei rifiuti a imprese private, riducendo gradualmente la funzione di controllo istituzionale e, in virtù dello stato emergenziale, mutano continuamente le valutazioni di impatto ambientale, e i pareri tecnici sulla compatibilità ambientale dei rifiuti variano in funzione degli intenti malavitosi. Con il ciclo dei rifiuti nelle mani dei privati, dal momento che l’individuazione delle discariche spettano alle aziende, iniziano subito le speculazioni su terreni (speculazione edilizia) da adibire a siti di stoccaggio o discariche, la creatività del profitto fa sì che i terreni – spesso di proprietà dei clan mafiosi – vengano comprati a prezzi folli dalle società appaltatrici – spesso infiltrate – pesando sul bilancio del commissariamento. Alla fine, oltre alle dis-economie, ne viene fuori una mappa regionale dei siti scriteriata, dettata solo dalla speculazione economica, comprendente territori dove sarebbe invece necessaria una bonifica e dove il tasso di mortalità è ormai allarmante. La rete clientelare passa per gli affari, gli affari passano per la concessione di servizi pubblici ai privati, gli imprenditori amici ricevono denaro, ne restituiscono una parte nelle campagne elettorali e intanto assumono personale, che sarà bacino di voti per il politico connivente di turno, creando lavoro inutile e dispendioso; tanto, nel caso dei rifiuti, e non solo, a pagare sono i contribuenti con denaro e salute. La Campania procede ciecamente verso il disastro ambientale.

 

Processo Chernobyl: una triste farsa.

39 erano gli imputati implicati nei fatti riportati dalle indagini svolte dalla Procura di S. Maria Capua Vetere nel periodo che va dal gennaio 2006 al giugno 2007. La prima udienza del Processo Chernobyl avrebbe dovuto svolgersi nell’aprile del 2014, ma per vari motivi quali scioperi, astensioni, mancate notificazioni, allarme bomba, vi sono stati nove rinvii succedutesi nell’arco di tre anni. Infatti la prima vera udienza s’è svolta nel gennaio del 2017. Un processo su cui incombeva lo spettro della prescrizione, che sarebbe avvenuta nel 2019, un processo viziato dai vuoti legislativi riguardanti il diritto ambientale, un processo del tutto inutile al fine della tutela dell’ambiente e della salute pubblica.

Il 28 marzo 2018 il Tribunale di Salerno emana la sentenza. In sintesi: capo d’imputazione – disastro ambientale; assoluzione perché il fatto non sussiste. Esasperata giustizia, somma ingiustizia.
Il PM D. Ceglie nel lontano 2007 spedì ad alcuni sindaci dei vari comuni del Vallo di Diano (Teggiano, S. Arsenio, S. Rufo, S. Pietro al Tanagro) una comunicazione in cui si chiese la bonifica dei terreni inquinati, con la seguente motivazione: «un disastro doloso ambientale cagionato dalle condotte criminose dei componenti della citata organizzazione criminale, i quali partecipando al sodalizio criminoso in modo continuativo e permanente e apportando il proprio materiale contributo cagionavano dolosamente un disastro ambientale a causa dello spandimento e illegittimo smaltimento dei rifiuti».

Nessuna analisi ed eventuale bonifica è stata svolta. Il totale disinteresse delle istituzioni è inquietante, la mancanza di un registro tumorale aggiornato e relativo al territorio campano, nonostante l’incremento delle incidenze tumorali e di molteplici patologie, desta molti sospetti; l’indifferenza e l’omertà della maggioranza della cittadinanza riguardo il fenomeno dello smaltimento illecito di rifiuti sono il segno di un’assenza di coscienza sociale, ambientale e politica. Ormai la politica si è ridotta a meccanismi di rapporti clientelari, si è sedimentata e putrefatta su una gerarchia gerontocratica ed è dedita al voto di scambio. Interamente subalterna alle leggi del guadagno e del malaffare. La sanità pubblica non garantisce più le cure primarie ai cittadini, costretti a rivolgersi a istituti privati o a morire in silenzio. L’isolamento umano e la depredazione di risorse stanno martoriando interi territori. Negli ultimi dieci anni la malavita, solo in Campania, ha cumulato un fatturato complessivo, tramite il mercato dei rifiuti, pari a 43 miliardi di euro.