Rotte di transizione: una transizione sociale, economica e ambientale

Riconversione libro1[Di Alberto Bellini su Abelliniforli.blogspot.it] Il testo “Riconversione: un’utopia concreta” è un importante documento, che contiene molte molte voci legate da un filo verde: la consapevolezza che conversione dell’economia in senso ambientale è anche e soprattutto una rivoluzione sociale e culturale, in accordo alla felice espressione di Alex Langer: “La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile”. Un tema sviluppato da Silvano Falocco nella presentazione del libro organizzata oggi a Roma da parte dell’associazione ASUD e del Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali di Roma.

La rivoluzione sociale proposta comprende una riscoperta delle comunità e dei beni comuni; in contrapposizione alla presentificazione e all’individualismo che permea le nostre città, e che nasconde la responsabilità intergenerazionale, anzi, la accantona, come si fa con un insetto sgradevole.

La profonda, drammatica incompatibilità tra limiti ecologici del pianeta e modello di produzione e consumo è uno degli elementi non più rimandabili su cui da tempo è avviata una complessa riflessione.

Ancora oggi, la maggior parte della popolazione non considera la conversione una scelta necessaria per uscire dalle crisi ambientali, sociali ed economiche, e anzi, prevale ancora l’ideologia della crescita illimitata, della grande fabbrica e del consumo di massa, perfino nel settore agroalimentare, con conseguenze molto pesanti sulla salute dei cittadini e del pianeta, come ha ricordato Marica di Pierri.
Al contrario, è proprio l’economia e la finanza a dirci che questo modello non regge più, in quanto i costi legati agli impatti ambientali, ad esempio per l’energia fossile, superano i margini di profitto.

Energia per l’Italia è un gruppo di ricercatori “multi-disciplinare” dell’Università e centri di ricerca di Bologna, coordinato da Vincenzo Balzani.

Nell’attuale contesto economico e sociale abbiamo ritenuto urgente e importante offrire il nostro contributo indipendente e scientifico ai decisori politici. Dobbiamo prendere atto che, ad oggi, nessun decisore politico ha risposto al nostro appello.

In questo quadro, è opportuno sottolineare due messaggi:

1) Non esiste un modello socio-economico che faccia convivere l’economia circolare e il modello economico dominante (economia fossile): stradoni, cemento (occupazione di suolo), idrocarburi;

2) Esiste una strategia energetica alternativa e i suoi impatti su clima, ambiente e lavoro sono estremamente positivi.

In estrema sintesi, è il momento di pensare alla transizione e di definire le sue regole, perché occorre una grande rivoluzione industriale e sociale.

 

1) Economia fossile ed economia circolare possono convivere?

L’idea che si possano mantenere insieme due modelli opposti: consumo da una parte; riciclo e risparmio dall’altra, è falsa e pericolosa. Molte iniziative, nell’alveo della green economy possono essere più pericolose del modello capitalista dominante. Due esempi. Realizzare auto elettriche a elevate prestazioni, mi riferisco agli investimenti sui SUV elettrici, non risolve, ma peggiora i problemi ambientali, perché si fornisce un alibi a chi continua a utilizzare mobilità privata con potenza superiore alle reali necessità.

Il rischio climatico e ambientale è tanto chiaro, quanto “invisibile” e non considerato. Per evitare che l’ecosistema si trovi in una condizione “patologica” l’aumento della temperatura, prodotto da attività antropiche – quali produzione e uso di energia da combustibili fossili – deve essere inferiore a 2° C. Tale risultato che si può ottenere con sicurezza limitando le emissioni di anidride carbonica (CO²) a un valore totale inferiore a 565 miliardi di tonnellate. Se estraessimo tutte le riserve di combustibili fossili “certe” le emissioni totali sarebbero superiori a 2795 miliardi di tonnellate. Per questi motivi, non si possono programmare politiche di estrazione di idrocarburi e contemporaneamente, promuovere le rinnovabili.

 

2) E’ stato studiato, dai ricercatori delle Università di Stanford e Berkeley, un modello basato su rinnovabili al 100% entro il 2050, utilizzando solo sole, acqua e vento, sottolineo l’assenza di biomasse.

Lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricerca multidisciplinare che ha analizzato la fattibilità di uno scenario in cui tutti i consumi finali di energia, per trasporti, attività economiche e residenziali, siano basati su rinnovabili e ne ha calcolato gli effetti sociali e ambientali.

Lo studio di fattibilità, ad esempio, ha considerato l’occupazione di spazio: le turbine a terra e gli altri impianti occuperebbero 1,6% del territorio, che in gran parte potrà essere sfruttato anche per altri scopi.

In termini ambientali e sanitari, la realizzazione dello scenario WWS significa eliminare gran parte delle esternalità, con un impatto economico enorme: si eliminerebbe 46.000 morti premature causate dall’inquinamento atmosferico, cui corrisponde un risparmio annuale di oltre 600 miliardi di dollari; per effetto della riduzione delle emissioni climalteranti, cui corrisponde un risparmio annuale di 3.300 miliardi di dollari. Riduzioni che consentiranno di ridurre di 260 dollari per persona per anno il costo dell’energia, e di 1.500 dollari per persona per anno i costi sanitari.

In termini sociali, la progettazione e realizzazione degli impianti necessari per lo scenario WWS creerà 3,9 milioni di posti di lavoro stabili per almeno 40 anni e la loro manutenzione richiederà 2 milioni di posti di lavoro. La transizione verso WWS porterà la perdita di 3,9 milioni di posti di lavoro per il personale attualmente impiegato nelle industrie “fossili”: termoelettriche, petrolifere e nucleari.

In sintesi, 85 miliardi di dollari risparmiati per ogni anno.

Dati confermati dalle analisi macroeconomiche. Nel 2015 gli occupati nel settore solare in USA sono arrivati a 209.000 in crescita del 20% rispetto al 2014. Gli occupati dell’industria oil&gas, invece al 31 dicembre 2015 erano 187.200, in calo di 13.800 unità (fonte: National Solar Job Census 2015 della Solar Foundation).

Uno studio del U.S. Department of Energy’s National Renewable Energy Laboratory (NREL) e Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab), valuta gli effetti dell’obbligo di rinnovabili nel mix elettrico dei vari Stati americani (il cosiddetto RPS). La misura ha fatto risparmiare oltre 7,4 miliardi di dollari per la riduzione di emissioni e per la qualità dell’aria e ha ridotto il fabbisogno idrico di 830 miliardi di galloni. Infine, le ricadute economiche sono state di 20 miliardi di dollari in termini di occupazione e ha fatto diminuire i prezzi dell’elettricità e del gas, facendo concorrenza, a costo marginale zero, sul mercato dell’energia (http://www.qualenergia.it/articoli/20160114-stati-uniti-occupati-fotovoltaico-superano-oil-and-gas-renewable-portfolio-standard).

 

In conclusione, dobbiamo attraversare un fiume, su una sponda vi è il modello capitalistico dominante, sull’altro, un modello economico basato su risparmio, recupero e tutela di ambiente e territorio. Dobbiamo costruire un ponte per attraversare il fiume, tante piccole banchine non risolvono i problemi ambientali, climatici ed economici.

Dobbiamo scegliere di realizzare il ponte per raggiungere l’altra sponda, e dobbiamo sceglierlo ora, progettando la transizione sociale, perché i 3,9 milioni di posti di lavoro che verranno persi non si possono trasformare “automaticamente” nei 5,9 milioni di nuovi occupati per competenze e formazione professionale.

La vera sfida di oggi è COME fare la transizione, non SE fare la transizione verso l’altra sponda del fiume.

 

Roberto Petrini, La Repubblica, ha sottolineato che è urgente un nuovo piano Marshall di investimenti pubblici, che, diversamente da quanto è avvenuto qualche decennio fa – quando furono utilizzate per stradoni, cemento e idrocarburi – dovrebbero essere orientati a dissesto idrogeologico e tutela del territorio.

Susanna Camusso ha sviluppato il tema della gestione dei rifiuti, che ha citato come caso emblematico della responsabilità sociale dei cittadini, che sono direttamente responsabili e dei lavoratori. Investire sulla qualità e dignità del lavoro, in questo caso, come in moltissimi altri, ha un ritorno per tutta la comunità. Il settore rifiuti è anche un esempio della necessità di politiche pubbliche; solo l’intervento pubblico può garantire il cambiamento strutturale di modello economico, viceversa, si sarà sempre soggetti all’ansia dei bilanci “trimestrali”.

Camusso ha sottolineato che il tempo dei bilanci di lavoratori: tanti in uscita, molti di più in ingresso, è terminato. La rivoluzione digitale e l’automazione industriale, hanno insegnato che questo non è possibile; ha sottolineato che per sviluppare una transizione sociale si aspetta che sia prevista la conversione dei lavoratori di un settore, all’interno dello stesso settore. Un esempio è il settore edilizia, un sollievo alla recente crisi del settore, può e deve essere la conversione delle imprese e dei lavoratori nella riqualificazione energetica.

 

 

Pubblicato su Abelliniforli.blogspot.it il 2 febbraio 2016