Trivellazioni, sessantamila in marcia per dire “no” allo scempio nel nome del profitto

11350492_878244655576659_2125954482843170110_n[di Emma Barbaro su il CiriacoL’Abruzzo si è mobilitato per difendere il territorio, così come dovrebbe fare tutta l’Irpinia

 

Ombrina è un simbolo. Dell’umiltà di chi crede, della forza di chi spera, della voglia di vincere di chi lotta quotidianamente. Di un popolo, tutto, di una consapevolezza che si fa unione d’intenti. Tra quei 60.000 in marcia a Lanciano il 23 maggio scorso, tra quelle persone con cui ho avuto la fortuna di condividere un pezzo di una storia ancora tutta da scrivere, c’erano i ‘No Muos’, i No Triv Basilicata, delegazioni provenienti da Veneto e Lombardia, ma anche da Roma, Napoli, Bologna. C’erano le associazioni di settore, da Greenpeace al WWF, dai produttori vitivinicoli ai proprietari di bed and breakfast turistici. C’erano le rappresentanze istituzionali del Coordinamento Nazionale No Triv, c’era il costituzionalista Enzo Di Salvatore, il parroco di Caivano, i sindaci.C’erano le testimonianze di chi vuol vivere della bellezza delle coste frastagliate e accoglienti dell’Adriatico, del turismo, dei trabocchi, della pesca; di ogni territorio semplicemente toccato dallo Sblocca Italia. A Lanciano c’era la società civile che marcia compatta, corretta, pacifica. A Lanciano, in piazza, c’erano i bambini.

 

Rita D’Ottavio di Viggiano, sale sul palco e fa ammenda. “Io che non mi sono accorta prima del pericolo che incombeva sulla mia terra, io che non sono stata vigile, che mi sono illusa e ho chiuso gli occhi per tanto tempo, oggi sento il dovere di aprirli agli altri. A tutti quelli che sono ancora in tempo, che posso ancora scegliere. Vado in giro per i territori a portare la testimonianza di una Basilicata triste, profanata,  distrutta. Di una terra che ha paura, che troppe volte sceglie il silenzio, che è stata sfruttata e usurpata, ma che ancora cerca, con difficoltà, di tener dritta la testa”. La Basilicata insegna. “E’ come se noi lucani fossimo stati invitati a mangiare in una pizzeria in cui però, sul menù, si può scegliere solo una pizza- mi disse una volta il mio compagno di viaggio, Giovanni- O non si mangia, o ci si continua a nutrire solo di quello che ci mettono sotto al naso. Si può scegliere”. Questo è stato. Ma si può dire No. E Ombrina, è simbolo anche di questo. E’ la punta di un iceberg che mostra chiaramente quale sia la rotta (di collisione) verso cui viaggia il piano energetico nazionale. Il 23 maggio scorso, non si poteva fare a meno di sentirsi parte di un tutto. Di un complesso sociale, di un movimento che, partendo dal basso, sceglie di esserci. Come non pensare al destino del progetto ‘Gesualdo- 1′, sepolto nella burocrazia di un iter che dovrebbe essere trasferito al Ministero dell’Ambiente ma di cui, allo Stato, non si sa praticamente nulla. Come non pensare a tutti quei progetti per cui la Via ministeriale è già stata richiesta, a tutti quelli che ancora non sanno, a quelli che scelgono scientemente di camminare col paraocchi. A Lanciano, c’era chi marciava anche per loro.

 

A Pescara, il giorno successivo, si è svolta una delle assemblee nazionali contro lo Sblocca Italia più partecipate di sempre. Convegni di mattina e pomeriggio, riunioni, gruppi di lavoro, proposte da vagliare. Ancora, i territori uniti. “Questo movimento per la prima volta comincia a capire che non ci sono solo scadenze che dipendono dalla propria soggettività, ma ci sono scelte che ci imporranno, tempi rapidi, per cui occorre avere idee chiare e precise- spiega Francesco Masi, presidente del Coordinamento No Triv Basilicata- Il discorso del referendum diventa un elemento centrale per quanto riguarda la comunicazione sociale e l’attivazione progressiva di una unità politica dal basso, che sia il più capillare possibile. La costituzione, fortunatamente, ci garantisce ancora di poter dire che certe scelte del governo non ci piacciono. E’ chiaro- aggiunge- che questo non può bastare. Se ci si concentra troppo e unicamente sulle vertenze locali, si perde di vista l’obbiettivo finale. Lo Sblocca Italia, anche alla luce del nuovo disciplinare tipo, lascia comunque spazi entro i quali poter agire, in una fase successiva, con opportuni ricorsi al Tar. Di fatto esautora le competenze delle regioni e offre delle sedi inappropriate ed arbitrarie per discutere di progetti dalla portata enorme. Ritengo valida l’ipotesi- conclude- di costituire gruppi di lavoro e, ciascuno nell’autonomia dei rapporti di forza che insistono sui vari territori, avvalersi di pareri di riferimento tecnici, medici, giuridici, ambientali a cui inoltrare le istanze inerenti ai vari progetti di ricerca. Si deve uscire dall’isolamento e acquisire fiducia verso un nuovo soggetto politico e sociale di cui il nostro paese ha bisogno. Questo movimento, oggi, getta le basi per il futuro”.

 

Ombrina è un simbolo. Dell’umiltà di chi crede, della forza di chi spera, della voglia di vincere di chi lotta quotidianamente. Di un popolo, tutto, di una consapevolezza che si fa unione d’intenti. Ombrina è un salto in avanti, ma non un salto nel vuoto.

 

Pubblicato il 26 Maggio su il Ciriaco