Trivelle, Sciacca unico Comune a superare quorum Il movimento NoTriv: «Battaglia iniziata sei anni fa»

Trivelle Sicilia1[Di Luisa Santagelo su Meridionews.it] La cittadina è la sola in Sicilia a oltrepassare il 50 per cento. Merito dell’impegno degli attivisti che è iniziato nel 2010. «Siamo riusciti a cacciare via la società petrolifera che voleva trivellare», spiega il fondatore che, insieme al resto del gruppo, negli ultimi giorni ha girato quartieri e mercati. «Lì abbiamo beccato gli anziani».

In Sicilia un solo Comune ha superato il quorum in occasione del referendum sulle trivellazioni del 17 aprile. A Sciacca, nell’Agrigentino, hanno votato il 53,95 per cento degli aventi diritto. Un risultato «completamente in controtendenza rispetto al resto dell’Isola», inaspettato anche per chi il movimento NoTriv cittadino l’ha creato. Come Mario Di Giovanna, 38 anni, ingegnere libero professionista, che ha dato il via alla campagna Stop trivelle a maggio 2010. Sei anni prima del referendum, quando ancora le estrazioni di petrolio e gas nel mar Mediterraneo erano ben lontane dall’essere sulla bocca di tutti. «In quel periodo mi sono accorto casualmente che una società petrolifera aveva richiesto di trivellare a poche centinaia di metri dalla costa di Sciaccaricorda Di Giovanna – ci abbiamo messo anni, ma siamo riusciti a cacciarla via».

La battaglia di Sciacca, in cui 17.457 persone (su 40.980 abitanti) hanno votato contro il rinnovo delle concessioni, è partita contro la San Leon Energy. «Era la punta di un iceberg – dice l’attivista – insieme a un gruppo di amici abbiamo fondato il comitato Stoppa la piattaforma, grazie al quale abbiamo scoperto che assieme al permesso di Sciacca c’erano una quarantina di altre richieste in Sicilia». La loro denuncia ha dato il via a un tam tam mediatico grazie al quale «la società, dopo qualche anno, rinunciò a chiedere permessi di ricerca dalle nostre parti, ma anche a Mazara del Vallo e a Marsala». Una prima vittoria a cui, secondo Mario Di Giovanna, ne sono seguite diverse altre.

A essere indispensabile per il successo della lotta contro la ricerca nel Mediterraneo sarebbe stata la collaborazione con altre associazioni, tra le quali Greenpeace, assieme alle quali i cittadini di Sciacca si sono opposti ad altre 15 piattaforme offshore. «Noi abbiamo sempre informato tutti delle nostre azioni – spiega l’ambientalista – siamo stati chiarissimi: abbiamo spiegato che, salvo casi eccezionali, questo referendum non avrebbe fermato le trivellazioni. Ma che le vere poste in gioco erano le bonifiche, le royalties, la sicurezza degli impianti. I saccensi hanno capito la nostra onestà e l’hanno apprezzata». Anche oltre le previsioni più ottimistiche: «Sapevo che Sciacca non ci avrebbe deluso, ma nemmeno io mi aspettavo questi numeri».

Con un quorum difficile da raggiungere, «troppo poco tempo per organizzarsi» e la difficoltà di far passare sui media nazionali i temi referendari. «Con una quindicina di giorni in più sono sicuro che avremmo fatto la differenza», sostiene Mario Di Giovanna. «A Sciacca, forti di un comitato già costituito e operativo da anni, che si è costruito una credibilità con le battaglie vinte, siamo riusciti a sfruttare appieno i giorni a disposizione». Mettendo in piedi una campagna referendaria «serrata e all’antica»: volantinaggio, porta a porta, eventi, concerti. «Probabilmente una struttura territoriale più capillare e organizzata avrebbe aiutato a coordinare meglio le informazioni e le azioni sul territorio – prosegue – è oggettivamente complesso, però, con le poche risorse a disposizione».

Quello dei finanziamenti è un altro problema. «L’unico comitato referendario istituzionalmente riconosciuto, e quindi con pieno diritto ai rimborsi, era costituito dalle nove regioni che hanno chiesto il referendum». Vale a dire Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto. «La nostra campagna è stata completamente autofinanziata. A Sciacca abbiamo raccolto circa 400 euro che ci sono serviti per la stampa di volantini e locandine». Negli ultimi 40 giorni, per tutta la settimana e quasi 24 ore su 24, «uno zoccolo duro composto da cinque persone non ha praticamente avuto il tempo di respirare». In mezzo ci sono state decine di associazioni e centinaia di simpatizzanti, «di ogni colore politico», che hanno dato il loro concreto contributo. E ai banchetti in centro città si sono sommati quelli in tutti i quartieri, nei supermercati e perfino nei mercati. «Ed è lì che abbiamo beccato anche gli anziani».

 

 

Pubblicato su Meridionews.it il 18 aprile 2016