Udienza Asoquimbo: non c’è stato nessun delitto

Riceviamo e ripubblichiamo il comunicato dell’Associazione ASOQUIMBO in riferimento all’udienza del 6 febbraio 2017, in cui ai due leader dell’associazione erano imputate le accuse di “ostruzione della via pubblica e dell’ordine pubblico”.

Udienza di preclusione: non c’è stata nessuna violenza né nessun delitto, c’è stato un diritto costituzionale: la protesta è sociale.

Il 6 febbraio 2017 c’è stata nel Palazzo di Giustizia di Garzón l’udienza di preclusione per l’indagine contro Miller Armín Dussán Calderón ed Elsa Ardila Muñoz per il loro presunto delitto di “ostruzione della via pubblica e dell’ordine pubblico”.

La richiesta di preclusione fu fatta da Carlos Francisco Tovar Jiménez, procuratore 21 di Garzón,   che ha portato avanti l’indagine che condotta a partire dalla denuncia effettuata dall’avvocato  Bernardo Gómez Vásquez in rappresentanza dell’EMGESA S.A (GRUPPO ENEL COLOMBIA).
Il 27 ottobre 2016 si è aperta a Bogotá l’indagine su richiesta di Germán Romero, in cui i leader dell’associazione ASOQUIMBO Elsa Ardila e Miller Dussán  hanno richiesto l’archiviazione da parte della Procura del procedimento 11001600049201201365 in relazione al supposto delitto di “ostruzione della via pubblica e dell’ordine pubblico”, per le ragioni esposte nel documento allegato, tra le altre cose perché la Procura 21 di Garzón diede imputazioni senza considerare che la ragione fondamentale delle legittime proteste sociali fu “l’ostruzione della via” da parte dell’impresa Emgesa per distruggere il Ponte el Paso El Colegio, sei mesi prima della protesta, senza comunicarlo alla regione del Huila con gravi conseguenze economiche e sociali.

Prima dell’Udienza di preclusione c’è stata la pubblicazione di un Manifesto della Società Civile Internazionale in difesa di Miller Dussán e ASOQUIMBO per la cessazione della persecuzione giudiziaria, firmato da 71 organizzazioni. Nel Manifesto si richiede al Giudice della Corte Penale di Garzón, Huila, di archiviare il processo iniziato da EMGESA per il supposto reato di “ostruzione della via pubblica e dell’ordine pubblico”, spiegando che “abbiamo la ferma convinzione che i casi legali contro questi due leader ambientali rispondano a una chiara strategia di intimidazione giudiziaria, il cui obiettivo finale è andare a minare la resistenza regionale contro le mega dighe e i progetti estrattivi nella regione”. Per di più si chiede all’impresa ENEL-EMGESA di interrompere immediatamente la persecuzione giudiziaria contro i leader di ASOQUIMBO e di ritirare entrambi i procedimenti che ha iniziato, così come di ritirare i suoi piani di costruzione di mega dighe in America Latina che generano conseguenze sociali e ambientali devastanti.

Dalle due del pomeriggio, membri dell’Associazione delle Persone Colpite dal Progetto Idroelettrico El Quimbo – l’associazione Asoquimbo – si sono diretti verso il Palazzo di Giustizia per accompagnare l’equipe giudiziaria. Nella stessa equipe, portata avanti dal Giudice Penale, il Signor Jairo Fernando Fierro Cabrera, la Procura ha dimostrato, con elementi di prova e informazione, che l’indagine non doveva andare avanti, per questa ragione ha richiesto la preclusione del processo argomentando che la direttiva emessa dalla Procura Generale della Nazione 0008 del Marzo del 2016 ha dichiarato chiaramente che la condotta è delittuosa solo se realizzata attraverso mezzi illeciti: danni a beni pubblici, incendi, sparatorie, detenzione o lancio di sostanze pericolose, violenza contro le forze dell’ordine, e che la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza C-742/12, ha espresso che non si può perseguire qualunque blocco stradale se non quelli che sono realizzati con comportamenti illeciti, che secondo la corte sono quelli in cui si ricorre a violenza.

Nel presente caso, si è dimostrato che non furono utilizzati mezzi illeciti da parte dei manifestanti; che si avvisò preliminarmente l’autorità amministrativa del Dipartimento attraverso la ex presidenta di ASOQUIMBO e che mai ci fu l’ostruzione della via, come è constatato dal direttore territoriale di INVIAS, che certifica che il ponte Paso del Collegio fu chiuso totalmente dall’8 agosto del 2011 fino al 15 dicembre del 2012, quindi non si può bloccare qualcosa che è giù chiuso. Per la Procura Generale si trattò dunque di una mobilitazione pacifica.

Il Pubblico Ministero, rappresentato dal Procuratore Carlos Alberto López Chavarro, ha coadiuvato la richiesta della Procura, spiegando che dare continuità al processo avrebbe potuto costituire una limitazione dei diritti di espressione, libertà di riunione e di protesta sociale. Per di più ha affermato che non si chiede il permesso di esercitare questi diritti costituzionali.

Da parte sua, Diego Fernando Socadagui, agendo in rappresentanza della supposta “vittima” EMGESA S.A. (Gruppo Enel Colombia), ha dichiarato che non si sarebbe opposto alla richiesta di preclusione e si sarebbe attenuto alla decisione del giudice. Questa posizione risponde, a nostro giudizio, alla campagna e alle pressioni esercitate da chi ha sottoscritto il Manifesto della Società Civile, se si considera il commento al di fuori dell’udienza dell’avvocato dell’EMGESA secondo il quale “nella mattinata è arrivato un incartamento dall’Italia, dove si trova la sede dell’EMGESA, le cui indicazioni sono di non intervenire in alcuna udienza e attenersi alle decisioni del giudice”.

Germán Romero Sánchez, avvocato della Difesa, ha indicato lo slogan di “I fiumi della vita!” come l’oggetto sociale di ASOQUIMBO, presieduta da Elsa Ardila Muñoz e Miller Armín Dussán, che sono riconosciuti come umanisti, difensori del fiume Maddalena e protettori dell’acqua, della vita di migliaia di persone toccate dal progetto El Quimbo nel Dipartimento del Huila e ha rifiutato l’intenzione da parte dell’impresa a pretendere un processo giudiziario contro leader sociali, che potrebbe indurre l’amministrazione giudiziaria in errore.

Ha presentato le argomentazioni e i fatti attraverso i quali ha mostrato che non è esistito delitto alcuno, esigendo che si chiudesse l’indagine in accordo alla legge 906 del 2004, art 332, numero 4 “atipicità del delitto”, che significa che il fatto esiste, cioè la mobilitazione sociale, però non ha prodotto delitti. Per di più, ha ribadito che la Corte Costituzionale, con la sentenza C 742/12, riconosce che azioni sviluppate da ASOQUIMBO sono l’esercizio di diritti fondamentali. La protesta sociale a cui partecitò ASOQUIMBO è la materializzazione di un diritto costituzione che non si può giudicare come delitto.

Alla fine, il Giudice ha deciso di sospendere l’udienza e programmarla per il 22 febbraio del 2017 alle 14,30 con il proposito di rivedere il procedimento presentato dalla procura, composto da due cartelle di più di 600 pagine.

ASOQUIMBO ringrazia la solidarietà con le vittime del progetto di EMGESA-ENEL, l’accompagnamento dell’Observatorio Peace Brigades International PBI, e l’espressione di solidarietà delle Organizzazioni Internazionali della Società Civile, che hanno sottoscritto il Manifesto per la fine della Persecuzione Giudiziaria contro Miller Dussán ed Elsa Ardila e in appoggio al processo di resistenza di Asoquimbo in difesa del Territorio, dell’Acqua e della Vita.