Un decimo dei territori selvaggi spazzati via dagli anni ’90 ad oggi

Foresta-tropicale[ di Redazione Wired] Il pianeta è sempre meno selvaggio e negli ultimi vent’anni la riduzione delle aree incontaminate ha visto un’accelerata prepotente: lo afferma uno studio pubblicato su Current Biology e i cui risultati sono rilanciati dalla statunitense Wildlife Conservation Society.

Secondo le stime dello studio, condotto da un team di studiosi principalmente australiani della University of Queensland, 3,3 milioni di chilometri quadrati – circa un decimo del totale – sono andati persi a partire dai primi anni ’90, un fenomeno che ha interessato principalmente il Sud America (29,6%) e l’Africa (14%). Allo stato attuale rimarrebbero quindi poco più di 30 milioni di chilometri quadrati nella condizione selvaggia, localizzati per lo più in Nord America, Nord Africa e in Asia.

Secondo i ricercatori, tuttavia, esistono ancora grandi aree contigue (perlopiù desertiche), caratterizzate da wilderness, di almeno 10mila chilometri quadrati, quindi blocchi decisivi e di grande rilevanza ma che pure devono fronteggiare il pericolo di una sostanziale e continua erosione.

Se si guarda ai biomi, vale a dire le tipologie di ambienti terrestri caratterizzati da particolari condizioni di vegetazione e clima, dei quattordici presenti sul globo tre allo stato attuale non hanno un’area incontaminata globalmente significativa, perché negli ultimi vent’anni è continuato il processo di riduzione. Altri cinque biomi, hanno meno del 10% del totale di aree incontaminate.

Se la comunità globale continua a darsi obiettivi sul clima, in particolare dal punto di vita della mitigazione, e poi lascia andare le aree naturali selvagge, ecco che si genera un forte cortocircuito, valido naturalmente anche per tutti i discorsi sulla conservazione delle specie. Le aree selvagge sono infatti fondamentali per diverse specie, in particolare quelle, ad esempio i grandi carnivori, che hanno un rapporto conflittuali con l’uomo e con quelle interessate da fenomeni migratori. Lo studio si spinge poi anche in altre considerazioni di marca più politica e meno ambientale, ribadendo come la mancanza del riconoscimento del tema specifico della natura selvaggia negli accordi globali, ma anche nella stessa politica locale, crei anche implicazioni negli stessi programmi di finanziamento internazionali, con un’allocazione delle risorse non sempre equa.

Pubblicato il 09/09/2016