Un impianto geotermico con iniezione di fluidi a Pozzuoli.

[Di Augusto De Sanctis] Ma è normale pensare di localizzare un impianto geotermico per la produzione elettrica con iniezione di fluidi nel sottosuolo di una delle aree più rischiose, instabili e densamente abitate al mondo, la solfatara di Pozzuoli? Vi ricordate del bradisismo? E la zona di rischio vulcanico?

Ho appena visto sul sito del Ministero dell’Ambiente che è stata avviata la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per un progetto “sperimentale” di produzione elettrica, che prevede lo scavo fino a 800 metri di profondità di 5 pozzi (tre di produzione e due di reiniezione). Precisamente il titolo del progetto è “Realizzazione di un impianto geotermico pilota nell’area del Permesso di Ricerca “Scarfoglio” ed è proposto dalla società “Geoelectric srl” che fa riferimento, secondo lo Studio di Impatto Ambientale, ai gruppi Murena, Marconi e Fiore.

Basta leggere questo passaggio contenuto nella Sintesi Non Tecnica per iniziare a preoccuparsi:

“Anche le variazioni del campo di pressione sono significative (ovvero sopra la soglia teorica per generare sismicità indotta) soltanto in volumi molto ridotti, che difficilmente possono dar luogo a terremoti significativi. Considerata infatti sia la discontinuità strutturale che l’elevato livello di fratturazione dell’area, soprattutto nei primi 2 km di profondità, INGV e AMRA concludono che è “estremamente improbabile” che possano localizzarsi faglie sismogenetiche che coinvolgano l’interno volume interessato dalle maggiori variazioni di pressione. Tuttavia, nell’ipotesi che ciò possa comunque verificarsi, la probabilità del fenomeno sarà monitorata con l’installazione di una rete di sismografi a registrazione in continuo e controllo in remoto, posti in aree sensibili. In questo modo si andranno a registrare anche le minime interferenze sismiche, qualora presenti.”

Stiamo parlando di terremoti e si usano termini come “difficilmente” e “estremamente improbabile” che non escludono il verificarsi dell’evento…

Però, se ciò dovesse accadere, è previsto un monitoraggio della probabilità del fenomeno!

La produzione avverrebbe iniettando fluidi nel sottosuolo, praticamente accanto alla solfatara di Pozzuoli. La produzione energetica sarebbe limitata visto che l’impianto avrebbe una potenza di 15-18 MWe.

Stiamo parlando della ZONA ROSSA individuata da tempo dalla Protezione Civile nel documento:

Aggiornamento del Piano nazionale di emergenza per i Campi Flegrei http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_dossier.wp;jsessionid=13D3BD378C09DFBACFCB0D4578583D3B?contentId=DOS50563

La zona rossa “è l’area per cui l’evacuazione preventiva è individuata quale unica misura di salvaguardia della popolazione. La nuova zona rossa per i Campi Flegrei comprende, come quella già individuata nel Piano di emergenza del 2001, i territori potenzialmente esposti all’invasione di flussi piroclastici.”

Tra l’altro la stessa protezione civile precisa che “A differenza di quanto adottato per il Vesuvio, la nuova zona rossa non considera al momento le aree a maggiore rischio di crollo per l’accumulo di ceneri sulle coperture degli edifici perché sono ancora in attesa di migliore definizione i dati e i modelli da cui possono derivare le relative mappe di rischio.“.

E’ lungimirante aumentare la pressione antropica su un’area così vulnerabile per la quale sono ancora in corso studi per definire nei dettagli il reale livello di rischio?

Tutta la documentazione è scaricabile dal sito del ministero http://www.va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/1542

Ricordo che qualsiasi cittadino può presentare osservazioni sul progetto al Ministero dell’Ambiente, entro il 3 luglio 2015.

Pubblicato il 6 maggio 2015 su AUGUSTODESANCTIS

 

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