Un referendum per fermare le trivelle

trivelle (1)[di Enrico Gagliano su Zeroviolenze.it] L’eco mediatica delle imponenti manifestazioni di Pescara del 2013 e, più recentemente, di Lanciano ha lasciato ai margini del dibattito un punto di domanda che è invece dirimente nella prospettiva del superamento della Strategia Energetica Nazionale:

nel recente passato qual è stato il primo step che ha rappresentato un punto di svolta, in senso più marcatamente “fossile”, nella politica energetica del nostro Paese?

 
In una logica di condivisione e di costruzione di un percorso comune, ci siamo interrogati su questo aspetto assieme ad altri soggetti che si sono resi protagonisti, sia localmente sia a livello nazionale, delle lotte contro scalpelli e fanghi di perforazione, giungendo infine ad identificare quel punto di svolta nell’approvazione del Decreto Sviluppo e, in particolare, in un breve passaggio dell’art. 35.

 
Cosa prevedeva di così eversivo il famigerato art. 35, comma 1, del Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, poi convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134?
Si ricorderà come, all’indomani del disastro avvenuto nel Golfo del Messico, l’art. 2, comma 3, lett. h, del D. Lgs.  29 giugno 2010, n. 128, entrato in vigore il 26 agosto 2010, avesse introdotto tre diversi divieti di ricerca, prospezione e coltivazione di:
– idrocarburi liquidi e gassosi all’interno di aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale;
– idrocarburi liquidi e gassosi all’interno di zone marine poste entro 12 miglia dalle suddette aree protette;
– di soli idrocarburi liquidi all’interno della fascia marina compresa entro 5 miglia dalle linee di base delle acque territoriali.

 
Due anni dopo, dietro la facciata “green” dell’applicazione del divieto di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi entro il limite delle 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette del limite, il velenoso comma 1 dell’art. 35 faceva “salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi”.

 
Fu per tutti noi amaro dover scoprire a posteriori che gattopardescamente  il MISE aveva posto quei procedimenti in un limbo anziché considerarli definitivamente ed irreversibilmente conclusi a seguito del rigetto delle istanze.
Con appena 84 parole il Governo Monti dava una risposta chirurgica ed immediata alle pressanti richieste  dell’establishment finanziario internazionale.

L’art. 35 ha una dimensione economica di assoluto rispetto: a dircelo sono  i “numeri” che il MISE rese noti il 1 dicembre del 2010, cinque mesi dopo l’approvazione del Decreto Prestigiacomo, nel corso di un seminario dal titolo molto eloquente: “Conseguenze derivanti dall’applicazione del D. Lgs. n. 128/2010”.
Dopo aver verificato l’esistenza di istanze e di titoli già rilasciati all’interno delle aree interdette, il MISE inviò, per poi farle svanire nel nulla, “note di preavviso di rigetto per tutte le istanze di permessi di ricerca poste ubicate in corrispondenza di aree in cui l’interdizione era totale o pressoché totale” nonché “note di riperimetrazione delle aree delle istanze caratterizzate da una parziale interferenza con le zone precluse”.

 
Il MISE:
– inoltrò dunque ben 26 (!) preavvisi di rigetto per le istanze di permesso di ricerca caratterizzate da una pressoché totale interferenza con le zone precluse;
– avviò l’iter per la riperimetrazione delle aree delle istanze di permesso di ricerca caratterizzate da una parziale interferenza.
In relazione alle istanze di concessione di coltivazione, per numero 4 istanze si riservò di valutare i programmi di ricerca e di sviluppo in corso e per altre 4 avviò contatti con le Società istanti al fine di adeguare l’area.

 
Il Decreto Sviluppo rimise tutto in discussione lasciando ai posteri una pesante eredità costituita da istanze di ricerca o di concessione di coltivazione totalmente o parzialmente graziate dall’art. 35; a titolo esemplificativo ma non esaustivo:

Istanze di Concessione di Coltivazione in Mare

Nome Società Area (kmq) Localizzazione Interferenza
d 1 G.C-.AG Eni – Edison 171,7 A sud di Pantelleria Totale
d 2 G.C-.AG Eni – Edison 142,6 Canale Sicilia Parziale
d 6 F.C-.AG Eni 76,69 Mar Jonio, Calabria a largo di Sibari Totale
d 23 A.C-.AG Agip 58,32 Mar Adriatico Veneto Parziale
d 26 B.C-.AG Eni 58,48 Mar Adriatico Abruzzo Parziale
d 30 B.C-.MD RockHopper Italia 109,2 Mar Adriatico Abruzzo (Ombrina Mare) Totale
d 39 A.C-.EA Eni 103,6 Mar Adriatico Emilia-Romagna Parziale

Istanze di Permesso di Ricerca in Mare

Nome Società Localizzazione Interferenza
d 29 G.R-.NP Northern Petroleum Ltd – Petroceltic Italia Canale di Sicilia a largo di Agrigento Parziale
d 30 G.R-.NP Northern Petroleum Ltd Canale di Sicilia a largo di Agrigento Parziale
d 33 G.R-.AG Eni – Edison Canale di Sicilia a largo di Agrigento Parziale
d 59 F.R-.NP Northern Petroleum Ltd Mar Jonio, Calabria da Isola C.R. a Cirò Marina Parziale
d 61 F.R-.NP Northern Petroleum Ltd Mar Adriatico, Puglia a largo di Monopoli Parziale
d 67 F.R-.AG Eni Mar Jonio, Golfo di Taranto Totale
d 68 F.R-.TU Transunion Petroleum Italia – Nautical Petroleum Mar Jonio, Golfo di Taranto da Policoro a Roseto Capo Spulico Totale
d 73 F.R-.SH Shell Italia EP Mar Jonio, Golfo di Taranto da Cariati a Nova Siri Totale
d 74 F.R-.SH Shell Italia EP Mar Jonio, Golfo di Taranto da Cariati a Trebisacce Totale
d 148 D.R-.CS Apennine Energy Mar Jonio, Golfo di Taranto da Lido di Metaponto fin quasi a Nova Siri Totale
d 149 D.R-.NP Northern Petroleum Ltd Mar Adriatico, da Ostuni a Monopoli Parziale
d 151 D.R-.EL Petroceltic Italia Mar Jonio, Calabria da Roseto Capo Spulico a Trebisacce Parziale
d 168 A.R-.PV Po Valley Operat.Pty Limited Mar Adriatico, al largo del delta del Po Parziale
d 358 C.R-.EL Northern Petroleum Ltd – Petroceltic Italia Canale di Sicilia, a largo di Licata Parziale
d 361 C.R-.TU Transunion Petroleum Italia – Nautical Petroleum Canale di Sicilia, a largo di Marina di Ragusa Parziale
d 363 C.R-.AX Audax Energy Canale di Sicilia, tra Marsala e Mazzara del Vallo Parziale
d 494 B.R-.EL Petroceltic Italia Mar Adriatico, Abruzzo a largo di Vasto Parziale
d 507 B.R-.EN Enel Longanesi Developments Mar Adriatico, Marche tra S. Benedetto del Tronto e Lido di Fermo Parziale

 
L’art. 35 del Decreto Sviluppo tornò in auge con l’inizio della XVII legislatura (marzo 2013) allorché numerose furono le proposte di legge presentate -ma mai discusse- da diversi partiti, tutte finalizzate all’abrogazione di quel controverso passaggio riguardante il “salvataggio” dei procedimenti in corso alla data del 26 agosto 2010.
In verità prim’ancora, per l’esattezza il 9 novembre 2012, erano state le Regioni adriatiche (Veneto, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Puglia e Marche) presenti alla Conferenza Internazionale di Venezia, a fare pressing sul Governo Monti, impegnando al contempo le rispettive assemblee legislative regionali d’Italia a chiedere la cancellazione dell’art. 35 del Decreto Sviluppo (v. http://www.pietrodommarco.it/venezia-art-35/ che riprende un comunicato stampa pubblicato sul sito web ufficiale del Consiglio Regionale del Veneto).

 
La cronaca politica degli ultimi tre anni racconta dell’escalation “fossile” dei Governi Monti, Letta e Renzi, segnata dall’approvazione della SEN e dello Sblocca Italia, e dall’inerzia delle Assemblee regionali che hanno disatteso completamente l’impegno assunto a Venezia.
La battaglia contro lo Sblocca Italia si preannuncia lunga ed impegnativa, ed impegnerà, nella migliore delle ipotesi, i prossimi due-tre anni. Nel mentre il Governo varerà le misure attuative dello Sblocca Italia (il Disciplinare-tipo è già stato approvato) e tenterà di portare a compimento la Riforma del Titolo V della Costituzione, senza rinunciare, nel frattempo, a dare il “là” a progetti di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi già in corso.

 
Questo è quanto sta già accadendo su terra ferma ma, soprattutto, in mare: Adriatico, Jonio e Canale di Sicilia sono le aree al momento più colpite, anche da progetti rilanciati dal Decreto Sviluppo.
In questo crescendo di decreti di compatibilità ambientale e di accoglimento di istanze e richieste, acquista rilevanza non solo la dimensione del “se” ma soprattutto del “quando”.
I tempi di risoluzione della contesa sullo Sblocca Italia sono eccessivamente lunghi.

Cosa è possibile fare, dunque, nell’immediatezza, in termini concreti ed incisivi per tentare di bloccare progetti come Ombrina o Vega  Oil e per infliggere un duro colpo alla Strategia Energetica Nazionale?

 
Nel mentre questo articolo va in stampa, va prendendo corpo l’idea che l’agenda delle associazioni e dei movimenti debba indicare in cima alle priorità su cui lavorare quella di un’iniziativa referendaria che punti direttamente alla modifica dell’art. 35 del Decreto Sviluppo per la parte incriminata.
L’obiettivo è ben definito, puntuale, concreto, raggiungibile nel breve periodo, suscettibile di effetti dirompenti per la nostra controparte, ed è tale da costituire elemento di coagulo tra forze e soggetti diversi per vocazione, mission e sensibilità.

 
E’, per sua natura, aggregante: ne stiamo avendo contezza in questa prima fase di confronto.
Sulla battaglia per la modifica dell’art.35 è possibile sperimentare con successo la costruzione di quel blocco sociale, economico e civile che è portatore di aspettative ed interessi di segno opposto ed alternativi a quelli che si ritrovano tutti  nella SEN e nello Sblocca Italia.

 
Se è vero com’è vero che i muri si alzano mattone su mattone, il referendum sull’art. 35 ha in sé tutto ciò che serve per iniziare a costruire la nostra casa. Continuiamo a parlarne.

 

Pubblicato il 23 giugno 2015 su Zeroviolenze.it